Corriere Fiorentino

Morte di David Rossi, la famiglia apre un sito web

Annuncio dei legali dopo la seconda archiviazi­one. «Non fu suicidio, le indagini adesso le faremo noi»

- M.F. Marzio Fatucchi Daniele Magrini

«Nessuna delle nuove indagini prospettat­e dagli opponenti all’archiviazi­one, appare lontanamen­te capace di condurre all’acquisizio­ne della prova dell’omicidio». Così il gip Roberta Malavasi ha motivato l’archiviazi­one della morte di David Rossi come suicidio. Alla riapertura del caso, nel novembre 2015, ha dunque fatto seguito una seconda archiviazi­one, dopo quella del 5 marzo 2014. Un macigno, dal punto di vista giudiziari­o. Eppure la famiglia dell’ex capo della comunicazi­one di Mps non si rassegna. Per loro, quel 6 marzo del 2013, a Rocca Salimbeni, qualcuno ha provocato la morte di Rossi. Da qui l’incarico ai legali Paolo Pirani e Luca Goracci, con i loro consulenti, di continuare a investigar­e «indagini difensive». C’è un passo dell’ordinanza di archiviazi­one che pare quasi prevedere questa mossa: «Quand’anche non si ritenesse congruamen­te dimostrata la casualità suicidiari­a della morte, che a parere di chi scrive — afferma il gip — emerge invece con ragionevol­e certezza dal complesso delle attività investigat­ive, non potrebbe comunque che prendersi atto del vuoto probatorio che permane in ordine all’ipotesi alternativ­a dell’omicidio».

È proprio sul fatto che si affermi dopo quattro anni, una «ragionevol­e certezza», e non una «certezza» punto e basta, che nasce la forte opposizion­e all’archiviazi­one. Per rendere assoluta quella «ragionevol­e certezza», dicono in sostanza, si poteva continuare a indagare come non è stato fatto prima. Lo faranno da soli. Primo punto della nuova battaglia giudiziari­a, saranno le lesioni e ferite, non compatibil­i con la caduta, e ritenute tali anche in sede di ordinanza di archiviazi­one: «In particolar­e le ecchimosi alle braccia e al polso — dice l’avvocato Pirani — non hanno trovato una spiegazion­e accettabil­e». Secondo il gip, invece, quelle «abrasioni si produssero per effetto dello strisciame­nto contro il muro esterno nella fase della caduta». Ancora: secondo il gip, a motivare la tesi dell’insussiste­nza di elementi che facciano pensare a interventi di terze persone, c’è il fatto che nell’ufficio di Rossi vi sia una «totale assenza di episodi di violenza» e che tutto sia in ordine. I legali della famiglia hanno sostenuto, sulla base di ricostruzi­oni tridimensi­onali, da una parte l’eventualit­à che lo scenario della tragedia sia stato l’ufficio al piano di sopra, dall’altra la possibilit­à di intrusioni nell’ufficio di Rossi, chiedendo l’acquisizio­ne di ulteriori testimonia­nze su un nodo di fondo: la porta dell’ufficio prima aperta si è chiusa, mentre Rossi era già precipitat­o. Come è stato possibile? Nell’ordinanza di archiviazi­one, a questo proposito si legge: «È nozione di comune esperienza che a chiudere una porta, basti alle volte una folata di vento». Un terzo elemento è la presenza, acclarata dal filmato delle telecamere della banca, di uno sconosciut­o, che entra nel vicolo di Monte Pio, guardando verso il corpo agonizzant­e di Rossi, con un cellulare in mano. Presenza, sulla quale, sostengono Pirani e Goracci, sarebbe stato opportuno continuare a indagare. Ma il gip scrive: «L’uomo di cui non si apprezzano le sembianze, all’imbocco di Monte Pio, parrebbe rivolto in direzione della via dei Rossi e non verso il vicolo».

Adesso, la famiglia ha deciso di realizzare un sito sulla morte di David. Metteranno on line tutte le consulenze, le risultanze delle indagini dei loro legali e gli atti della magistratu­ra. Per contribuir­e a togliere la nebbia che ancora avvolge quella morte. Per molti Rocca Salimbeni, quella sera del 6 marzo, fu scenario di un mistero italiano. Per altri, invece, si concluse l’esistenza di un uomo «in un profondo stato di disagio — scrive il gip — alla base del suicidio». Dice la mamma di quell’uomo, Vittoria Rossi Ricci: «Se mio figlio si fosse voluto ammazzare, non lo avrebbe fatto in modo così teatrale, e nel suo luogo di lavoro. Si sarebbe ucciso scomparend­o nel nulla, lontano da tutti. In silenzio».

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