«I mei scatti per raccontare l’amico Marino»
Al Palazzo del Tau di Pistoia la mostra di Aurelio Amendola sul grande artista
«Il cavallo per Marino era tutto, con la sua figura ci ha fatto le sculture più belle del mondo». Per il celebre fotografo Aurelio Amendola, protagonista della mostra inaugurata venerdì scorso al Palazzo del Tau di Pistoia, non ci sono dubbi. Del resto anche l’immagine simbolo dell’evento, che rappresenta un’anteprima alla grande esposizione su Marino Marino in programma da settembre nella capitale italiana della cultura, è lampante. Rappresenta l’artista sulla spiaggia di Forte dei Marmi, intento ad accarezzare un cavallo: nell’osservarla si resta incantati dalla corrispondenza che, sul bagnasciuga, sembra esserci tra i due. «Era un giorno d’autunno e ci trovavamo nella casa di Marino al Forte — racconta Amendola — dove il suo vicino possedeva dei cavalli. Così, mi venne in mente di chiedergliene uno in prestito per fare una foto». Oltre a questo scatto, la mostra Marino nell’immagine di Aurelio Amendola (19681975), evento di punta della Fondazione Marini in vista di settembre, ne propone: come quelli che ritraggono lo scultore nel suo studio di Milano o quelli realizzati tra i monumenti preferiti della sua Pistoia — la chiesa di Sant’Andrea, il Battistero — insieme alla moglie Marina e alla sorella Egle. L’amicizia tra Marini e Amendola, fotografo di artisti come De Chirico e Warhol, nonché della grande scultura rinascimentale italiana, inizia nel ‘66. I due, entrambi pistoiesi, si conoscono a Roma, ma in quel momento lo scultore aveva lasciato da tempo la città natale. «Lo riportai a Pistoia nel ‘68, per una mostra — ricorda il fotografo — altrimenti lui raramente si faceva vedere quando veniva a trovare i familiari nella casa in via San Pietro. Però Pistoia l’amava. Anch’io del resto andai a vivere a Milano come lui, ma guai a chi me la tocca Pistoia». Spesso, teatro della loro amicizia fu la casa di Forte dei Marmi, che Marini aveva chiamato «Germinaia». Come il nome di una località collinare pistoiese dove andava in villeggiatura con la famiglia da bambino, «ma anche come riferimento al fatto che tutte le cose devono germinare», precisa Amendola. In mostra fino al 10 settembre uno spaccato inedito della vita dell’artista, dal quale emergono anche e soprattutto gli aspetti umani. «Queste immagini restano perché nascono dalla fiducia tra i due — osserva Marco Bazzini, autore del testo critico in catalogo — e da un rapporto esclusivo, che in foto si fa pubblico». «Questa esposizione e quella successiva, che porterà in questo museo le opere di un allievo di Marini quale Kengiro Azuma — afferma Maria Teresa Tosi, direttrice della Fondazione — sono parte di un progetto volto ad approfondire i rapporti tra lo scultore e altri grandi artisti del Novecento». Progetto che culminerà, a settembre, con Passioni visive.