Corriere Fiorentino

Una piazza signorile, diventata triste

Savonarola e dintorni: addio atelier d’arte e partite di pallone. Un deserto. E di notte la movida

- Giulio Gori Lorenzo Sarra 3-Continua (le precedenti puntate, su Corso Italia e Piazza della Libertà sono state pubblicate il 28 maggio e il 20 giugno)

Nei palazzi signorili vivono ancora i medici, gli avvocati. Il prezzo delle case è così alto che l’invasione degli stranieri nessuno l’ha mai conosciuta. Neppure i turisti, coi loro airbnb, hanno preso campo da queste parti. Ma la zona di piazza Savonarola non è un’oasi di pace. Le linee dell’Ataf e le automobili, che escono dai viali per provare a dribblare il traffico, trasforman­o un pezzo della Firenze residenzia­le ottocentes­ca nata dal «piano Poggi» in un carosello di tubi di scappament­o e di clacson. Ancora peggio va in via degli Artisti: degli antichi laboratori ne sono rimasti pochissimi, è ormai giusto la strada di scorriment­o tra ponte al Pino e piazzale Donatello, dove la colonna di auto è perenne.

E i giardini di piazza Savonarola sono lo specchio di una Firenze chiusa nelle case signorili, con pochissimi luoghi di ritrovo, un parco con così pochi alberi da rendere l’ombra un miraggio, e senza neppure un’area giochi. La piazza, nel risanament­o della città disegnato da Giuseppe Poggi, fu realizzata su base rettangola­re. Al centro fu collocata — solo nel 1921, benché fosse completata dal 1872 e lasciata nel Salone dei Cinquecent­o — una statua di Savonarola a dello scultore Enrico Pazzi, il medesimo artista che firmò quella di Dante in Santa Croce. Bei palazzi ma molto diversi sul piano stilistico, tra i quali spicca la Galleria Rinaldo Carnielo, ipotizzata come sede per la «Fondazione Franco Zeffirelli» e che ora, mentre i lavori vanno comunque avanti, aspetta una nuova destinazio­ne. Un esempio di architettu­ra liberty, ornata da un grande cartiglio in pietra con la scritta «Onorate l’arte che è vita della vita».

Proprio l’arte per decenni ha dato lustro al rione. In via degli Artisti, Amalia Ciardi Duprè, pronipote di Giovanni Duprè, è intenta a disegnare bozzetti. Due anni fa inaugurò un museo col suo nome; e lì vanno giovani artiste per i seminari di scultura: «Giovanni Duprè abitava proprio qui sopra, nella casa di famiglia in cui sto ancora — spiega — In questa zona vivono ancora i grandi profession­isti, ma di artisti ne sono rimasti pochi». Poco distante, la sede del Gruppo Donatello, che oggi lancia giovani talenti. In via della Robbia, un piccolo gruppetto di laboratori. Nient’altro. «Una volta era pieno, questo era il cuore dell’arte fiorentina», racconta Paolo Forlai, che nella sua bottega di via Masaccio vendeva cornici a tutti gli artisti della zona: c’erano Ottone Rosai, Dino Caponi, Gianni Vagnetti, Michele Gordigiani, Antonio De Vit, Enzo Faraoni. Poi negli anni ’80, quella generazion­e si è chiusa.

E anche i pochi negozi (nei palazzi residenzia­li i fondi sono rari) cambiano. E a differenza delle case, qui gli stranieri si ve- dono, come la lavandaia cinese o la ciabattina peruviana. Chi resiste è Sabra: nel 1949 aprì per vendere le Vespe, oggi ci sono ancora gli scooter. «Non possiamo lamentarci del degrado, qui ce n’è poco — racconta Mario Marzocchin­i, che lavora da Sabra da 27 anni — Il problema di questa zona, auto a parte, è che è un dormitorio. Non è vissuta».

In molti ricordano la folla, nell’estate del 1990, che invase piazza Savonarola per protestare sotto la sede della Fiorentina per la cessione di Roberto Baggio alla Juve. Un’altra epoca: «Savonarola adesso, movida notturna a parte, purtroppo non esiste più, ma prima era vissuta quotidiana­mente da gruppi infiniti di ragazzi — racconta Bernardo Vitale Brovarone, noto intermedia­rio di mercato ed opinionist­a nelle radio che gravitano intorno al mondo Fiorentina — Quando ero giovane c’erano due compagnie: quella dei grandi, sul lato dell’Università americana, e la nostra dei più giovani sul lato della chiesa. Ci si trovava alle 3 del pomeriggio senza nemmeno dover fissare e restavamo lì fino a sera, tra interminab­ili match di calcetto e risate. Si era creata un’atmosfera straordina­ria: bambini, anziani e ragazzi erano sempre mescolati». Nel 2002, la piazza fu liberata dopo i lunghi lavori per la costruzion­e del parcheggio sotterrane­o. Il primo parcheggio pertinenzi­ale in città che fu l’occasione per riqualific­are la zona, la ripaviment­azione, le panchine in pietra e la pulizia delle siepi. Ma i fiorentini sono spariti.

Oggi, di giorno, sotto il sole, ci sono un po’ di badanti in pausa, i cinesi che arrivano al consolato (tanto che in modo beffardo i fiorentini chiamano la strada via della Lobbia), qualche parcheggia­tore abusivo. La notte invece la piazza si ripopola. Il chiosco «della Rosy» attira tanti ragazzi. I residenti si lamentano, «centinaia di ragazzi sporcano il poco verde rimasto, la mattina ci sono montagne di bicchieri di plastica», mentre il casotto del giardinier­e è diventato un gabinetto. Ma giusto a due isolati di distanza, piazzale Donatello «è terra di nessuno». Lo racconta il benzinaio Gabriele Prontera: «Tra incidenti, rifiuti, rom ai semafori e spaccio siamo messi peggio che in periferia».

 Il residente Un tempo qui ci si trovava dopo pranzo e si andava avanti fino a sera con infiniti match di calcetto, ora sulle panchine qualche badante e i cinesi del consolato

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 ??  ?? In alto il deserto di piazza Savonarola, qui sopra dall’alto l’artista Amalia Ciardi Duprè e l’artigiano Paolo Forlai
In alto il deserto di piazza Savonarola, qui sopra dall’alto l’artista Amalia Ciardi Duprè e l’artigiano Paolo Forlai
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