Mappa delle piste ciclabili
Per poter andare in bici, ci vogliono due ruote, e le strade a loro dedicate. Le città che hanno scommesso sulle «mobilità sostenibile» hanno lasciato spazio alle bici. È un approccio che chi ha viaggiato in nord Europa ha potuto percepire: se un cantiere stringe la strada la «prima scelta» è fare spazio alle biciclette, poi viene il traffico a motore. Così quando si rifà la segnaletica stradale ci sono prima di tutto le indicazioni per le bici (e di attenzione ai ciclisti rivolte agli altri conducenti).
Basta guardare lo stato delle nostre piste vicino ai cantieri della tramvia per capire che nella priorità delle scelte la spuntano le quattro, non le due ruote. Da Careggi a Novoli, passando da Statuto a viale Belfiore, il ciclista si trova di fronte interruzioni e deviazioni che rendono l’uso della bici meno facile, a volte proibitivo, rispetto ad altri mezzi. Insomma, Firenze «città a misura di bici», come dice il sindaco Dario Nardella? Dipende da come si spostano i cantieri. Ma non è solo lì il problema.
Guardate la mappa delle piste ciclabili fiorentine. Salta subito all’occhio la quantità di rami che finiscono nel nulla o, peggio, in strade trafficatissime. Invece a volte ci sono piccoli rami, come via dei Giunchi «utilissima perché collega il Polo scientifico di Sesto con una direttrice fino a piazza Puccini, tutta protetta» spiega Luca Polverini, presidente di Fiab Firenze Ciclabile. Ma la maggior parte delle piste sono scollegate l’una con l’altra.
La mappa delle piste ciclabili è stata ricostruita dalla Fiab su Google, aggiungendo le interruzioni e i cantieri: «Anche se in alcuni casi, come viale Belfiore, abbiamo rinunciato». Perché settimana che viene, deviazioni che spunta. Non guardate alle associazioni di ciclisti come a dei pasdaran. Per esempio, Polverini proprio sul tratto Belfiore-Redi spezza «una lancia a favore della direzione mobilità: in uno dei due lati hanno messo il passaggio promiscuo ciclo-pedonale. Se lo mettessero nella direzione opposta, sarebbe meglio». Ma il vero problema non sono le interruzioni temporanee.
Dei 92 km di piste ciclabili dichiarati da Palazzo Vecchio un buon quarto non sono proprio piste ciclabili. Se si guarda la cartina, a nord ovest, si scopre un tratto di alcune decine di metri dentro ad un parco. Bello, ma a cosa serve? Serviranno sicuramente di più le piste presenti alle Cascine. Nei 92 km fiorentini, solo quelle presenti dentro al parco «saranno una ventina di chilometri» calcola Lucarini. Insomma, bene, servono per tante belle scorrazzate magari in bici con la famiglia: che però deve arrivarci, alle Cascine, tra tratti sconnessi, non collegati e interruzioni temporanee. Non solo.
La speranza (e la richiesta) dei tanti ciclisti fiorentini (almeno 15 mila ogni giorno usano solo la bici per muoversi, ma il dato è di anno in anno in aumento) è di avere delle direttrici chiare, dirette dalle zone più abitate verso il centro (e viceversa). La Fiab Firenze Ciclabile le definisce «bicipolitane», metropolitane delle bici. «Invece — sostiene Polverini — la tendenza è quella di fare piste dove danno meno fastidio. Un autogol: qualche volta, ci vuole il coraggio di ridurre una corsia a danno delle auto e preferire le bici. Se fai piste in strade non appetibili, sono quasi inutili». Un esempio? «La pista di viale Michelangelo — spiega il presidente dell’associazione dei ciclisti — è bellissima, ma serve ai turisti, non agli spostamenti urbani. Occorrono “bicipolitane”, che colleghino in modo efficiente nord-sud-est-ovest la città, per rispondere all’esigenza di mettere in continuità le piste, altrimenti non si valorizzano le due ruote». Senza però poter neanche sognare la segnaletica del nord Europa, soprattutto quelle tedesca, che prevede addirittura agli stop ed ai semafori spazi ad hoc per le bici: «Il nostro Codice della strada, pensato per “auto e velocipedi”, non lo consente: il governo ha la delega per la riforma, ma non pare all’orizzonte». Resta il problema del centro storico, dove la convivenza tra auto, scooter, bici e pedoni è messa a dura prova. «Anche qui, avevano proposto al Comune delle direttrici, una sorta di “cardo e decumano” nel centro, a partire dai lungarni dove le piste vanno messe fuori dai marciapiedi. Ma intanto — aggiunge Polverini — già far ricordare soprattutto agli scooter ed alcune categorie di trasporto merci che la Ztl è “zona 30” e che va rispettato il limite di velocità, metterebbe in sicurezza tantissimo ciclisti e pedoni. Tra un incidente a 30 km orari e 50 km orari c’è la differenza tra la caduta da un primo e un terzo piano».
Polverini (Fiab) La tendenza è quella di fare piste dove danno meno fastidio, invece ci vuole il coraggio di ridurre lo spazio dedicato alle auto