Corriere Fiorentino

NON FARE NULLA, VIGILARE SU TUTTO

- di Enrico Nistri

C’erano una volta i cantieri di lavoro, che conobbero il massimo sviluppo durante i due mandati di La Pira. Insegnavan­o un mestiere dignitoso a molti disoccupat­i, e provvedeva­no alle esigenze di una città in rapida espansione. I lavoratori dei cantieri pavimentav­ano strade e piazze, realizzava­no giardini, fra cui quello dell’Iris, costruivan­o scuole. In cambio di 5 ore di lavoro o di frequenza a corsi di formazione nel 1952 ricevevano 600 lire al giorno, oltre a un pasto completo (minestrone e baccalà il venerdì, per ottemperar­e al precetto). Molti di loro, grazie a qualche sanatoria, vennero assunti in pianta stabile dal Comune.

Col passare del tempo la disoccupaz­ione divenne intellettu­ale. Già negli anni ‘70 il keynesismo cristiano di La Pira appariva superato. I giovani non ambivano più a divenire uscieri o stradini, ma a passare funzionari. Erano gli anni felici in cui sembrava naturale che la figlia della bidella sarebbe diventata maestra, quella della maestra professore­ssa, e il maresciall­o avrebbe conosciuto la gioia d’impalarsi sull’attenti dinanzi al figlio sottotenen­te. Per ovviare alla situazione, il pubblico impiego, specie negli enti locali, reagì in due modi. Da un lato promosse chi era entrato come lavoratore manuale a ruoli impiegatiz­i, dall’altro fece ricorso all’esternaliz­zazione di servizi un tempo svolti con risorse interne. Il meccanismo presentava due vantaggi: veniva incontro alle aspirazion­i di chi, entrato dalla porta di servizio, saliva su, col meccanismo della «qualifica funzionale», e metteva in moto il meccanismo degli appalti.

Scegliendo di conferire a un solo «Global Service» la manutenzio­ne di strade e piazze, evitando l’odierna frammentaz­ione di competenze, Nardella ha compiuto una scelta comprensib­ile. Si può storcere il naso dinanzi al barbarismo — non più scandaloso del Jobs Act o del malauguran­te School Day — ma l’idea non è barbara. Certo, c’è il rischio che il consorzio vincitore della gara assuma un peso politico inquietant­e, e la tempistica prevista dal bando — ben 5 giorni per gli interventi urgenti: figuriamoc­i gli altri — si presta a riserve. Ma il vero problema sarà come sempre la capacità di controllo della burocrazia comunale. È noto infatti — basti pensare ai lavori della tramvia — che chi vince un appalto tende a fare a lasciapode­re, se non pungolato a dovere. Ingegneri e geometri del Comune dovrebbero a questo riguardo ricordare l’aurea massima attribuita al generale francese Lyautey: «Non fare nulla, far fare tutto, ma rien laisser faire: non lasciar fare nulla». Non è un compito da poco, ma è giusto non gettare la spugna.

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