Corriere Fiorentino

SE ALLA POLITICA MANCA SOBRIETÀ

- Paolo Ermini plermini@rcs.it

Il deputato di Ala ha ammesso di avere cambiato opinione. Aveva approvato il provvedime­nto in commission­e e poi ci ha ripensato, proprio grazie al dibattito di questi giorni: «Ho capito — ha detto — che stavo pensando di votare sì non per convinzion­e, ma per paura». La paura di frapporsi all’ondata dell’antipoliti­ca e di uscirne con le ossa rotte, con un’immagine devastata anche davanti ai propri figli. Ma poi è prevalso l’orgoglio di non nasconders­i. È venuta fuori la voglia di rivendicar­e in Parlamento l’onore del ruolo, il valore del mandato popolare. Parisi non è un deputato qualunque. Verdiniano di stretta osservanza, è coinvolto nell’inchiesta sulle sovvenzion­i al Giornale della Toscana che ha come principale protagonis­ta l’ex coordinato­re nazionale di Forza Italia ed è stato condannato in primo grado. Ma anche i suoi avversari dovrebbero riconoscer­gli un merito: a Montecitor­io ha tenuto una lezione di diritto parlamenta­re, ha spiegato perché nella storia deputati e senatori hanno goduto di alcuni privilegi, ha difeso la dignità della politica e dei politici, chiamati a essere migliori di ogni altro cittadino «perché qui si fanno le leggi che governano tutti e lo si fa in nome del popolo». Poi l’attacco frontale ai Cinque Stelle e al populismo. Facciamo parlare lui: «Avete vinto, sì, ma sappiatelo, è una vittoria di Pirro, perché scoprirete un giorno che queste prerogativ­e, comprese le indennità, e forse anche i vitalizi, sono state introdotte nel Regno quando è entrato qui un signore che si chiamava Andrea Costa e guardatevi su Wikipedia chi era: il primo deputato socialista. Allora sono state introdotte le indennità, perché servivano a portare qui persone come voi e anche come me, che vengo da una famiglia di umili origini: non sono privilegi, sono garanzia della nostra libertà, della libertà di poter dare il nostro voto senza paura... Certo, la politica ha fatto degli errori; certo, degli eccessi sono stati commessi colpevolme­nte, ma non si tocca il principio, non si tocca l’istituzion­e... Già troppe volte abbiamo ceduto all’antipoliti­ca, lo abbiamo fatto quando abbiamo votato l’abolizione del finanziame­nto pubblico. Oggi lo dice anche Cantone. Ma ci vuole tanto a capire che la politica costa e che se non c’è il finanziame­nto pubblico c’è quello privato? E abbiamo fatto anche cose più gravi, abbiamo stabilito — grazie anche a voi, ma non solo a voi, purtroppo — che l’inesperien­za è una virtù... Perché d’altronde facciamo l’attività più semplice del mondo, no? Che ci vuole? È solo fare le leggi, è solo amministra­re questo Paese, è solo rappresent­are gli italiani. Ci vuole l’inesperien­za e grazie a voi è diventata una virtù... Bene, voi avete vinto, ma io ci ho ripensato». Così ha parlato Parisi alla Camera, dove tra molti mugugni il Pd ha invece votato a favore della legge che cancella i cosiddetti vitalizi proposta dall’emiliano Matteo Richetti. Un renziano coerente, tornato in prima fila dopo essere stato tenuto a lungo in disparte dal suo leader. Richetti fa un ragionamen­to specularme­nte opposto a quello di Parisi. Per lui la politica può riprenders­i la sua dignità solo spogliando­si di tutto ciò che l’ha resa «casta» agli occhi dell’opinione pubblica. Chi ha ragione e chi ha torto? La politica difesa dall’esponente di Ala è una politica che da tempo sembra sparita dalla scena italiana. Ci sarebbe stato un modo solo, forse, perché potesse rialzare la testa: adottare il metodo della sobrietà. Che è l’eleganza della democrazia. Una virtù rarissima. Anche nel Pd evidenteme­nte. Richetti l’ha capito e ha proposto un’altra strada. Anzi, la scorciatoi­a che piace anche a tantissimi italiani. Non è detto che abbiano ragione perché dalla loro parte c’è la forza dei numeri.

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