Io, alla scuola di Madonna
Dalle dive del pop alla «Turandot» di Torre del Lago: le mille sfide dello stilista Fausto Puglisi «La lirica? Non c’è niente di più coinvolgente per un creativo. Miss Ciccone? Un mostro di precisione»
Underground e Magna Grecia. Questi appaiono, almeno a colpo d’occhio, i due pilastri entro cui si sviluppa la creatività dello stilista italiano attualmente più sulla cresta dell’onda, Fausto Puglisi. Messinese, classe 1976, partito per le Americhe appena diciottenne, ritrovatosi in breve dal lavoro di cameriere a New York (per sbarcare il lunario) a vestire i tour di superstar come Madonna o Beyoncé, vive con passione totale, quasi messianica, la propria vocazione. Che recentemente si è arricchita di un ulteriore, inaspettato capitolo. Ha avuto l’occhio lungo e il fiuto da gran segugio Alfonso Signorini, direttore del settimanale gossiparo Chi, in realtà raffinato ed evoluto appassionato di musica (ogni santo giorno si dedica con sacralità allo studio del piano) e melomane totale dall’età di cinque anni (nonno docet) quando, chiamato a curare la regia della Turandot pucciniana che ha inaugurato l’edizione 2017 del Festival di Torre del Lago, ha voluto proprio Puglisi a disegnare i costumi. Lui era agitatissimo, al debutto smaniava, pensare che i suoi costumi (certo ancora non poteva saperlo) sono stati la vera chiave di volta dello spettacolo (in replica il 4 e il 12 agosto). Perché Puglisi, lo si vede anche dai suo capi di abbigliamento, ha il teatro nel sangue. «Beh — riflette lui — non sono di Bolzano. La mia terra è una messa in scena incredibile e io ci sono dentro fino al collo. In Sicilia puoi scegliere fra l’influenza religiosa e quella greca. Personalmente sono più affascinato da quella greca, perché non ha il senso del peccato». L’invito di Signorini è arrivato inaspettato. «Ero quasi tentato di dire di no. Avevo in programma un progetto con Jennifer Lopez per il 4 luglio. E guardavo al mondo dell’opera come se dovessi entrare in un tempio. In realtà con Alfonso ci siamo divertiti tantissimo. Mi sono trovato benissimo con tutti, inclusi i cantanti. Ma all’inizio ero spaventato, ho fatto un passo indietro e mi sono chiesto ‘sarò in grado?’ Ecco perché ho voluto coinvolgere anche una grande donna di teatro come Leila Fteita (suo l’allestimento dell’inaugurazione scaligera del 2016). Lei è stata importantissima, però lo ammetto, io sono un accentratore. Dovessi anche realizzare solo una blusa bianca, si capirebbe che è mia». Così, se la silenziosa apparizione iniziale di Turandot, adagiata sulla scala celeste fasciata in un vaporoso chilometrico abito nero che si sviluppa in volute degne di Mucha, è stato un incredibile colpo di teatro, pure Puglisi ha cambiato in fretta le proprie convinzioni. «Mi chiedevo: ma che c’entro io con la lirica? Ecco, in realtà c’entro tantissimo, non c’è niente di più coinvolgente per un creativo. Bisogna studiare, documentarsi. Ricordo mio nonno ossessionato da Turandot, che quando avevo appena tre anni mi portava in giro per sartorie, dove ero affascinato da stoffe bellissime, dal lavoro artigianale di sarte che anche ora porto sempre con me. Non potrei davvero farne a meno, sono la mia vita. E sì, col teatro musicale ho tutta l’intenzione di riprovarci».
Intanto lavora a ritmi forsennati alla collezione primaveraestate 2018, da presentare a Milano durante le sfilate di settembre («io impazzisco per questo: arte, artigianato, rapporti umani; bellezza e tradizione che, proiettandosi nel mondo, diventano futuro»). Se gli chiedi se si riconosce nel binomio underground Magna Grecia, non esita un secondo. «Ho voluto fortemente fare il liceo classico. Ho letto con grande dispiacere che oggi solo il 3% degli studenti lo sceglie. Ma stiamo scherzando? Credo sia un sintomo di decadenza. Riguardo all’underground poi ho preso coscienza negli anni ‘80, che con il decennio precedente sono stati i più fertili. Persino in televisione in prima serata, sulle reti pubbliche, si percepiva la trasgressione. Io sono figlio della cultura televisiva e ho sempre ambito a coniugare classico e popolare, sono due anime che mi muovono dentro. Ecco perché a 18 anni sono voluto andare negli Usa, solo lì trovavo il tipo di comunicazione televisiva che mi interessava. Sono sempre stato un megalomane, ho sempre inseguito il top. Lavorare con Madonna è stata un’ottima scuola. Lei è un mostro di precisione, ha un senso della disciplina fortissimo. Così è rimasta sempre sulla cresta. Sono stato chiuso con lei per cinque giorni in un palazzetto dello sport che aveva affittato per riprodurre ogni particolare così come doveva essere nel tour. È scientifica, è una delle poche che crede ancora nel valore dell’educazione. Il lavoro con Beyoncé è stato molto più leggero, anche se pure lei è un personaggio super tosto, ma più naturale. Katy Perry attualmente è uno dei nomi più influenti, ha una grande simpatia. Parlare di loro è come parlare di divinità greche, ormai sono iconiche, personaggi immensi che amo da morire».
Per chi non lo sapesse, Puglisi è pure l’artefice della farfallina sanremese di Belen. «Adoro le donne che riescono a dominare gli uomini. Lei è un soggetto, non un oggetto. Una donna forte con le idee molto chiare. Amo oscillare fra il nazional popolare e il colto. In realtà tutti chiacchierano in difesa della cultura e nessuno fa niente. Non c’è più Pasolini, che considero il Versace della cultura. Due fini tragiche, due grandi con l’ossessione di toccare la cultura popolare e uno smisurato amore per le periferie. Consiglio sempre ai miei collaboratori di leggere gli Scritti corsari. La sua voce manca davvero tantissimo».
Sono sempre stato un megalomane Amo oscillare tra il nazionalpopolare e il colto