Le vie secondarie del paesaggio: la chiamata alla scrittura collettiva per una guida dell’anima
Il collettivo Magnifica Terra lancia un appello per un racconto corale di questo pezzo di Toscana L’obiettivo? «Pubblicare una guida che descriva i luoghi secondari, quelli dell’anima e sconosciuti ai turisti»
«La storia passa per i luoghi secondari, inattesi, quindi magici». Val d’Orcia, Toscana, estate 2017. Qui, tra la preoccupazione per lo stato di salute della Quercia delle Checche a Pienza (370 anni, il primo monumento verde italiano dal quale la sera del 1 agosto si è staccato un grosso tronco) e turiste giapponesi che, affannate, scattano foto davanti alla Cappella della Madonna di Vitaleta nel Comune di San Quirico, il collettivo «Magnifica Terra» sta portando avanti un progetto suggestivo e allo stesso tempo ambizioso: un racconto corale della valle tra le province di Siena e Grosseto. «Una chiamata alla scrittura per talenti di qualunque età e città», si legge sulle coloratissime locandine apparse nei locali della zona e firmate dal gruppo composto da «uomini, donne, scrittori, giornalisti, artisti, fotografi che hanno scelto la Toscana del Sud come luogo di azione culturale».
Racconta Antonio Cipriani, un passato da caporedattore de l’Unità e da direttore dei quotidiani Epolis e DNews: «Arrivando qui ho avuto la conferma di quanto sia importante il buon governo del paesaggio, la continua scoperta di una bellezza che attraverso lo sguardo arrivi direttamente al cuore di luoghi che hanno storie intense, dove il pensiero, l’azione dell’uomo si intreccia magnificamente con la natura». Cipriani è tra i promotori di Emergenze, il progetto artistico-editoriale che ha generato Edicola 518, uno spazio di cultura e di informazione allestito nel centro di Perugia in una edicola recuperata dopo la chiusura. «Ci stanno invitando in molte fiere dell’editoria per farci raccontare questa esperienza portata avanti insieme a un gruppo di ragazzi visionari, intelligenti e coraggiosi. Il fatto che stia attirando tanta curiosità in Italia e all’estero dimostra come sia ancora possibile dare una risposta critica e creativa allo stato letargico in cui è caduto il nostro Paese».
E l’obiettivo ora è portare anche in Val d’Orcia la fiaccola che ha acceso e fatto crescere quell’iniziativa: «Coltivare la cultura — fa notare — non è solo seminare, ma anche vangare, avere cura della terra dalla quale ti aspetti che fiorisca qualcosa di importante per la collettività. Naomi Klein scrive che oggi è possibile cambiare il mondo attraverso la generosità e penso che sia un punto di vista interessante, perché il valore del profitto come unica inappellabile religione ha corrotto gli animi di tanti, ha fatto lezione ai mediocri, ha insegnato ai cuori pavidi che l’indifferenza è meglio, che la cura e l’attenzione per il prossimo sono debolezze. Invece bisogna partire proprio dalla generosità anche per evitare che i luoghi dove viviamo perdano la loro poesia, la loro identità, per trasformarsi in fredde cartoline».
Al di là dei cipressi, del centro storico di Pienza (riconosciuto, oramai più di 20 anni fa, dall’Unesco patrimonio dell’umanità), di Bagno Vignoni, del Brunello, infatti, la Val d’Orcia conserva ancora luoghi emozionanti e poco battuti. Paesaggi naturali certo, ma anche un tessuto sociale e di rapporti umani fatto di botteghe artigianali, aziende agricole che non vogliono cedere ai guadagni facili degli arrivi mordi e fuggi, esperienze culturali che cercano di tenere viva la memoria del territorio. Ecco allora l’invito del collettivo «Magnifica Terra» a inviare «idee, scritti, interviste, storie, cose meravigliose o tremende»: «Vogliamo realizzare una pubblicazione straordinaria, un reportage corale, bellissimo, intenso, che faccia sognare e ci indichi le vie secondarie per la felicità. Quelle principali sono intasate e funzionano poco».
Tutto il materiale sarà valutato e messo insieme entro fine anno. Poi sarà data alle stampe quella che vuole essere una guida dell’anima attraverso una Val d’Orcia poco conosciuta: «Da queste parti — continua Antonio Cipriani — arriva anche un turismo lento, legato alla via Francigena e che ha rispetto per la cultura profonda di questi luoghi. Non può bastare un selfie e un bicchiere di buon vino per entrare in sintonia con il territorio. Fortunatamente i ritmi di gran parte dei paesi della zona non sono stati stravolti dai meccanismi alienanti che hanno devastato, per esempio, le grandi città d’arte. Ma bisogna tenere alta l’attenzione, perché il futuro è su queste pietre, sulla terra che abitiamo, tra gli alberi che difendiamo. Per questo la storia delle persone e le loro azioni semplici, coerenti assumono un valore molto più alto rispetto alle storielle che vanno tanto di moda».
Difendere il paesaggio, insomma, significa anche raccontarlo, descrivere le attività umane con cui interagisce. Perché, come scriveva Marcel Proust dalla sua caotica Parigi, la scoperta consiste soprattutto nell’avere ogni volta «nuovi occhi».
Coltivare la cultura non è solo seminare, ma anche vangare, avere cura della terra dalla quale ti aspetti che fiorisca qualcosa di molto importante per tutti