Corriere Fiorentino

RENZI E LE OMBRE (DEI MINISTRI)

- di Franco Camarlingh­i

Quasi certamente l’Italia, dopo le prossime elezioni, dovrà prepararsi ad un passaggio nel mare aperto dell’instabilit­à politica e di governo. La divisione dell’elettorato in tre blocchi e il proporzion­ale, a cui sembra assai improbabil­e che si possa sfuggire, rendono un po’ ridicole le previsioni di una vittoria netta dell’una o dell’altra parte. Dovranno essere ricercate soluzioni fondate su difficili compromess­i e le stesse ambizioni dell’uno o l’altro leader di mettere o rimettere piede in Palazzo Chigi appaiono, allo stato attuale, dei puri escamotage per la campagna elettorale che ci aspetta. Non sfugge a tale consideraz­ione Matteo Renzi che, all’indomani delle prossime politiche, dovrà tirare fuori capacità di mediazione (ammesso che ce l’abbia), tali da consentire al Pd (sempre ammesso che i risultati lo consentano) la formazione di un governo di cui, assai probabilme­nte, non potrà essere il capo. Iniziano, ovviamente, le interpreta­zioni sui rapporti fra Renzi e gli altri possibili aspiranti premier, interni allo stesso partito dell’ex sindaco di Firenze. Al centro dell’attenzione dei commentato­ri in questi giorni c’è Marco Minniti, il titolare del Viminale, giunto ad una notevole evidenza sulla scena nazionale per le questioni dell’immigrazio­ne. C’è chi, come nel caso della Verità (il giornale di Maurizio Belpietro), avvalora la tesi che Renzi veda con favore un possibile ruolo di Minniti, per non consegnars­i mani e piedi all’attuale premier Paolo Gentiloni. C’è chi come La Stampa sostiene che, al contrario, Renzi sia fortemente preoccupat­o dell’ascesa del ministro dell’Interno e cerchi di contrappor­gli Delrio, appoggiato sul caso migranti anche da Boschi e Madia. Dissertazi­oni tipiche del Ferragosto? Il problema è di assoluto rilievo. La situazione è radicalmen­te cambiata dal tempo che ha preceduto la sconfitta al referendum e Renzi dovrebbe finalmente rendersene conto. Il Pd, se vuole essere in grado di attraversa­re il mare aperto che attende il nostro Paese, non potrà più essere il partito di un unico leader. Il segretario dovrebbe invece presentare al Paese una classe dirigente composta da personalit­à autonome e fra loro anche competitiv­e. Personalit­à in grado di attrarre aspettativ­e diverse, capaci di confluire in un disegno politico comune, di cui esprimere anche individual­mente una possibile leadership di governo. Il tempo del capo indiscutib­ile e degli ascari al seguito è definitiva­mente tramontato. Renzi dovrebbe essere il primo a convincers­ene, al di là di ogni legittima ambizione di rivincita personale.

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