UNA MADONNA SEMPRE PIÙ PICCOLA PICCOLA
Il drappellone del Palio — il serico stendardo dipinto da consegnare alla Contrada vincitrice — è diventato un rebus. Chi riceve dal Comune l’incarico di prepararlo si trova spesso a malpartito nel combinare in un coerente impianto iconografico citazioni araldiche e scene allegoriche intonate al tema da sviluppare.
Eppure l’oggetto del desiderio non richiederebbe arrovellamenti bislacchi. A luglio è da tempo immemore dedicato alla miracolosa Madonnina venerata in di Provenzano, ad agosto all’Assunta. Ma a queste tradizionali dediche obbligate si sono aggiunti richiami — non dediche come volgarmente si dice — a personaggi celebri, a episodi memorabili, a vicende contemporanee, in coincidenza con anniversari e ricorrenze. Questa volta il sindaco per giunta ha voluto affidare l’opera ad un’artista inglese per ribadire, nonostante la Brexit, lo stretto legame che Siena ha intrattenuto e intrattiene con il mondo anglosassone. La ricerca di una firma adatta alla bisogna è stata laboriosa. Infine, per vie diplomatiche, è stata chiamata alla ribalta Sinta Tantra, che è nata a New York nel 1979, vanta origini balinesi e si è fatta le ossa studiando a Londra e realizzandovi murales ed installazioni di bell’effetto. Tra le quali spicca la caleidoscopica decorazione di un ponte multicolore a Canary Wharf. Come se non bastasse costei è stata incaricata di inserire nel trofeo un omaggio allo scultore Giovanni Duprè, nel secondo centenario della nascita. Una targa apposta sulla sua casa natale, nella Contrada dell’Onda, rammenta «ai figli del popolo a che riesca la potenza del genio e della volontà». E di volitiva e virtuosistica abilità accademica Duprè poté esibirne a bizzeffe. Sinta Tantra ha visitato musei e osservato spazi per fare del suo lavoro qualcosa di sitespecific. Alla resa dei conti è riuscita solo a metà a presentare un drappellone dotato di equilibrio e capace di esercitare l’attrazione necessaria. Il rebus era di troppo ardua soluzione. Peccato, perché l’idea di partenza è buona, derivata direttamente dagli affreschi del Pinturicchio della Libreria Piccolomini in Duomo. Anche la palma che svetta sulla sinistra è una schietta e intelligente citazione, che immette una nota di esotismo domestico nella verticalità del «cencio». Così l’arco in alto, in cui sono inseriti dei barberi, come tarsie di marmi preziosi. Al centro, in un concio, la figura dell’Assunta, costretta e sbiadita. E poi c’era il problema di Duprè. Sinta se l’è cavata disegnando la Saffo abbandonata: un commesso marmoreo da pavimento della cattedrale. Perché riprodurre la melanconica poetessa a tratto, formando così una vasta zona bianca che rende sbilenco il drappo, eseguito — occorre riconoscerlo — con fredda maestria e sicura passione? Sarebbe l’ora che la committenza riflettesse più attentamente sui criteri di scelta. Occorre accordare a chi deve misurarsi con una sfida già ardua in partenza una più ampia libertà creativa.
Una sfida ardua Il Comune dovrebbe accordare a chi si misura con il «cencio» maggiore libertà creativa