RISCHI DI PASSATISMO? UN CIRCUITO UNICO DEL MUSEI FIORENTINI
La Firenze contro cui si scagliò Giovanni Papini nella sua celebre invettiva, che abbiamo pubblicato mercoledì scorso, continua a far riflettere e discutere. Pubblichiamo la lettera di un lettore scaturita proprio da quel testo.
Caro direttore, è stato estenuante, quasi esasperante, il ‘900. Si portava addosso, con la sua epocale chiusura di millennio, un secolo glorioso e tormentato, dove si sono rincorsi movimenti politici, flussi artistici, impeti sociali. Firenze conobbe agonia e terrore per i bombardamenti e il fragore dei cannoni al passaggio del fronte della guerra, la malvagia alluvione del ‘66 e infine la vigliacca via de’ Georgofili. Tentativi di percosse mortali e orrende mutilazioni, violazioni di un solenne Rinascimento prima, di un metodico e geometrico inurbamento e, chissà, forse impoverimento poi. Con la smania rinascimentale del resto Firenze e i fiorentini sono costretti a vivere e a convivere da sempre. Quasi un fruscio perenne, un sordo rumore di sottofondo... Di volta in volta, quasi fossimo in presenza un vero e proprio hangar, sono depositate collezioni, raccolte, donazioni, interi palazzi, fondi librari e archivi di rara importanza e prestigio, qualcosa comunque che si vuole che stia a Firenze e a Firenze soltanto. Ed è allora che si scatena il bricolage più soffocante in termini di tentativi di logistica museale integrata, spesso totalmente estranea a ciò che in realtà si voleva destinare e trasmettere. E giù polemiche a non finire, suggerimenti assolutamente inutili e addirittura fastidiosi. La vis polemica del resto è simpaticamente presente nell’animo fiorentino ma serve che non diventi petulante, uggiosa e a volta perfida. Certo è che tutta l’ipertrofica musealità fiorentina stenta a decollare, di volta in volta destinataria d’importanti e cospicue liberalità che vanno a dare nuove forme e significati all’importante e già presente inestimabile magazzino e solenne stivaggio per l’arte. Si accumulano i patrimoni ma non di pari passo i processi e le funzioni appropriate per condividerli e premiarli. Che cosa scegliere di fare? Cosa tentare di decidere? Come difendere la città da se stessa? Come non implodere per eccesso di civiltà e cultura? È un paradosso, un non senso. Potremmo anche provare a interrare il Duomo per ammirarlo passeggiando su di un bellissimo pavimento di vetro precompresso risolvendo tra l’altro anche il problema delle piste ciclabili. Ma non s’incide, o meglio, non si investe abbastanza in Rinascimento, ovvero in visioni strategiche ampie e di nuovi orizzonti di conoscenze ormai approdate lungo le rive dell’Arno e definitivamente consolidatesi. A Firenze del resto il Rinascimento si rinnoverebbe ogni giorno, ogni ora. Si autogenera e si autoproclama, inarrestabile e implacabile. A Firenze e per Firenze di questi tempi si lavora non con il grandangolo ma con visus contenuto, modesto, non all’altezza; si è persa di vista Firenze nella sua propedeuticità assieme a ciò che la pervade ed a ciò che la alimenta: l’architettura che diventa arte e viceversa. Con questo irrisolto inganno della gestione degli spazi museali, pubblici e privati, si rischia veramente uno stallo; non si riesce più a portare la città verso la sua vera vocazione, verso la sua «fisiologia», così come non si riesce più a portare il pubblico e gli stessi fiorentini verso la città medesima, verso la superba alchimia rinascimentale. Parlare di soluzioni è cosa arduo. Un modulo museale a corpo unico che raccolga tutte le peculiarità presenti in città rendendole fruibili e accessibili attraverso tutta una serie di accorgimenti anche amministrativi sarebbe già molto importante; rinunciando, dove presenti, ad alcune forme di esclusività – modeste smanie di protagonismo assolutamente incoerenti, inusuali e ridondanti per una piattaforma espositiva – quella fiorentina – che meriterebbe un corridoio vasariano di superficie. Ovvero. È necessario cedere qualche miglio di sovranità territoriale o velleitaria giurisdizione del proprio spazio gestito a beneficio di un unico circuito dove nascono dei veri e propri sentieri del Bel Sapere e del Bel Vedere. Consigliare l’ospite visitatore o il fiorentino avventore; una entrata libera a FirenzeLand dove l’Universale è particolare e il Particolare dovrebbe essere l’Universale.