Giovani orchestrali viaggiano, in un docufilm
In onda su Rai 3 l’opera che racconta le giornata dei ragazzi della Scuola di Fiesole
Timori, gioie, concentrazione balenano nei loro sguardi, quando sono seduti in orchestra; scherzano, si arrabbiano, fanno colazione, preparano le valigie. Sono i ragazzi dell’Orchestra Giovanile Italiana della Scuola di Musica di Fiesole, il percorso formativo biennale che Piero Farulli volle creare, nel 1984, per educare i giovani musicisti all’esperienza della vita d’orchestra. Il primo del genere in Italia.
Le storie di questi ragazzi, il loro vissuto fra quotidianità e concerti, alimentano Prova d’orchestra, il documentario firmato da Francesco Matera (soggetto e regia) e Lorenzo Scolas (sceneggiatura) e realizzato da R-evolution Film & Television in collaborazione con Rai 3: la versione realizzata per la televisione (53 minuti) andrà in onda su Rai 3 il prossimo 17 agosto (ore 23.45), mentre quella più estesa si candiderà ad essere proiettata presso festival cinematografici nazionali e internazionali.
Le telecamere hanno seguito da vicino i musicisti nell’arco dei loro impegni del 2016: le prove a Fiesole sotto la guida di Giampaolo Pretto, i concerti a Torino, Milano e Roma, le sessioni d’esame; e un mondo di umanissime emozioni, che da quei giorni emerge. Ore e ore di pazienti riprese, senza alcun canovaccio predefinito. «È una sorta di documentario corale, dove abbiamo voluto raccontare cos’è un’orchestra, quali sono i sentimenti e le speranze vissuti da questi giovani, cercando di cogliere la loro intimità segreta», spiega Francesco Matera. «Ed è stato bello scoprire chi siano gli elementi di un’orchestra, e non solo sapere quali strumenti suonino. In un’orchestra l’identità dei singoli svanisce: si tratta invece di un miracolo che riunisce indoli e caratteri diversi». Persone che si chiamano Marta, Elisa, Chiara, Giacomo, Edoardo, Marco, e che in Prova d’orchestra rivelano i loro sogni e i loro dubbi.
«C’è, ad esempio, chi vuol primeggiare a tutti i costi e finisce col ritrovare l’equilibrio proprio grazie al confronto col resto dell’orchestra. Perché in fondo l’orchestra è una metafora della vita scandita dal rapporto fra le persone: i musicisti devono sapersi ascoltare, devono parlare fra di loro», dice Lorenzo Scoles. Non a caso il sottotitolo del documentario è «Il laboratorio della musica, il cantiere della società». «Oltretutto — aggiunge Scoles — il mondo della musica classica ci viene presentato in una prospettiva più vicina a tutti noi, più reale e meno patinata». Intanto, l’Ogi prosegue la sua attività: in questi giorni partecipa al corso di direzione d’orchestra tenuto da Daniele Gatti alla Chigiana, e a settembre, dopo il successo dei concerti con Andrea Lucchesini, tornerà al Festival Mito, per la Nona di Beethoven diretta da Daniele Rustioni.