Corriere Fiorentino

Quell’estate da sfollato sotto le bombe di Aulla

Riccardo Ruggeri, da operaio della Fiat a manager della New Holland «Mia madre Brunilde era una tosta. Da Torino riparammo in Toscana per la guerra»

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Riccardo Ruggeri 82 anni è stato manager della Fiat, ma in azienda è entrato da operaio del Monte Tondo. Partivamo all’alba, per ritornare al tramonto, con il latte».

Che cosa faceva un aiuto pastore, nelle estati degli anni 40?

«Tenevo compatto il gregge, poi imparai a mungere, quindi feci carriera: lo zio mi delegò a togliere il panno al montone». Prego? «Per mantenere la compattezz­a del branco, gli agnellini devono nascere nell’arco di una settimana e quindi, all’approssima­rsi del periodo di calore delle pecore, lo zio si avvaleva di una tecnica antica». Cioè? «A mo’ di condom, si metteva un grembiule di panno all’altezza della zona genitale del montone, così gli era preclusa la copertura delle pecore. Solo quando tutte e venti erano in calore, toglievo il panno e, per un paio di giorni, era festa. E la mia educazione sessuale compiuta. Quando, molti anni dopo, ho letto Pian della Tortilla di John Steinbeck, sono tornato a quel pascolo».

C’è un ricordo visivo di quella esperienza?

«Il panorama della Apuane: dal lato della valle del Serchio aveva una luce meraviglio­sa e, intorno, querce, cerri, faggi, un inprinting emotivo autentico. E poi...» E poi? «E poi un’abitudine che mai mi ha abbandonat­o: guardare il cielo appena sveglio. Un moto irrefrenab­ile, ancora oggi, ovunque mi trovi, sento il bisogno di farlo».

Cosa si portò dietro di quella Toscana contadina, lei che poi, dall’officina, passò ai consigli di amministra­zione?

«Certi rituali, come quando si ammazzava il maiale, che andava tutto venduto, gli zii si tenevano giusto il sangue per fare i sanguinacc­i. Un giorno ero proprio a Dubai, con l’attuale emiro, Al Makto um che, allora, era un giovane ministro della Difesa, e di cui, come Fiat, ero fornitore. Sgozzò un capretto e lo cucinò personalme­nte per me e per lui. Per un attimo fui in Garfagnana».

E invece cosa si mangiava in quella estate del 1944?

«Tanta verdura, ma ricordo anche, nei giorni di festa, la polenta di castagne con il lardo di Colonnata, non ancora famoso. E poi i minestroni di farro, ché il grano si vendeva». E la vita com’era? «Bellissima, rispetto alla portineria di Torino, dove vivevo: ero libero. I miei coetanei mi pigliavano in giro: biondo, educato, erre moscia, lineamenti gentili. Come si fa in Toscana, mi affibbiaro­no un soprannome che allora mi irritava, ma oggi lo trovo perfetto: Rosolio». Ci torna? «Ogni tanto. I miei compagni di allora sono sparsi un po’ ovunque, uno anche in Australia. Mi vide quando andai in tv, da Nicola Porro, presentare la mia autobiogra­fia, Una vita operaia, e mi mandò una fotografia di noi bambini. Per loro ero e sono rimasto il figlio della Brunilde.

2. Continua. La Puntata precedente è uscita il 9 agosto scorso.

 Memorie di famiglia Scoppiò una bomba: una scheggia mi squarciò la gamba sinistra Mi salvò zio Ottaviano  Il passato ritorna I miei compagni di allora sono sparsi ovunque Uno anche in Australia: mi rivide in tv da Porro

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