L’ULTIMO SALUTO A SHELLEY (E GLI SPETTRI NEL PALAZZO)
I fantasmi di una dimora medioevale sulle rive dell’Arno, l’agguato di un Dragone a cavallo Nella raccolta di lettere la stagione pisana del poeta e una brutta storia di agguati e di morte
Pisa, 4 dicembre 1821 all’editore londinese John Murray
Mi sono sistemato qui in un famoso palazzo medievale sull’Arno, grande abbastanza per una guarnigione, con carceri nel sotterraneo e celle nei muri e tanto pieno di fantasmi che il dottor Fletcher (il mio domestico) ha chiesto il permesso di cambiar camera e si è quindi rifiutato di occuparne una nuova, perché in quella (come in tutti i vecchi edifici) c’erano anche più fantasmi che nell’altra; la qual cosa ha terrorizzato la servitù, tanto da procurarmi non poco fastidio. C’è un posto in cui evidentemente la gente veniva murata viva, perché non c’è un passaggio possibile, aperto nel muro, che poi veniva richiuso sul prigioniero. La casa apparteneva alla famiglia dei Lanfranchi (gli stessi menzionati, nel sogno di Ugolino, come suoi persecutori, assieme ai Sismondi) ed ha avuto, nel tempo, un paio di proprietari feroci. La scalinata ecc. si dice che sia stata costruita da Michelangelo. Ancora non fa abbastanza freddo per accendere il fuoco: che clima! Comunque, quello che mi infastidisce sono gli spettri (pare che lo fossero anche gli inquilini), anche se per ora non ho visto nulla, né, a dir la verità, sentito (io stesso) nulla; ma tutti gli altri orecchi sono stati gratificati da ogni genere di rumori soprannaturali. La prima notte mi è sembrato di aver sentito una voce strana, ma la cosa non si è ripetuta. Ormai sono qui da più di un mese.
Ho avuto di recente qualche motivo di preoccupazione, piuttosto che di disturbo, riguardo a una imbarazzante questione locale, della quale può darsi che Lei abbia avuto sentore; ma il nostro Incaricato d’affari si è comportato assai bene, e così pure il Governo toscano, che ha tenuto il miglior comportamento possibile per un Governo simile, il che equivale a ben poco. Con qualche altro Inglese e Scozzese, sono stato io stesso coinvolto in una zuffa con un Dragone, che aveva insultato uno della comitiva, e che avevano scambiato per un ufficiale, dato che era pieno di medaglie ed aveva una buona cavalcatura ecc.: ma è risultato essere un sergente maggiore. Costui ha fatto uscire il corpo di guardia alle porte affinché ci arrestassero (ed eravamo disarmati); al che, io e un altro (un Italiano) siamo passati a cavallo attraverso le dette guardie; ma quelli sono riusciti a trattenere qualcuno della nostra comitiva. Io ho cavalcato fino a casa ed ho mandato il mio segretario a riferire alle autorità del tentativo illegale di arresto; poi, senza smontare, sono tornato verso le porte, che sono vicine alla mia dimora attuale. A metà strada ho incontrato il nostro uomo, che faceva lo smargiasso e minacciava di sguainare la sciabola contro di me (che in mano avevo una canna da passeggio e nessun’altra arma). Io, ritenendolo ancora un ufficiale, gli ho chiesto il nome e l’indirizzo e gli ho porto la mano e quindi il guanto. Uno dei miei servitori si è intromesso fra noi (senza che nessuno glielo avesse ordinato), ma, al mio comando, l’ha lasciato andare. Quello è partito a briglia sciolta; ma, una quarantina di passi più in là, è stato pugnalato, e assai gravemente (tanto da essere in pericolo di vita) da un qualche avanzo di galera al mio servizio (poiché sono circondato da dei tipacci), ovviamente senza i miei ordini, né la mia approvazione. Il suddetto Dragone aveva comunque preso a piattonate i nostri connazionali disarmati, alle porte, dopo che erano stati arrestati, e, mentre venivano trattenuti dalle guardie, ne avevano ferito molto seriamente uno, il capitano Hay. Gli è stata perciò resa la pariglia: dato che si era comportato come un assassino, è stato trattato come tale. Chi sia stato a ferirlo, per quanto sia successo davanti a migliaia di persone, non sono riusciti ad accertarlo, né a dimostrarlo, e neppure l’arma: si dice una pistola, una carabina ad aria compressa, uno stiletto, una spada, una lancia, un forcone o chissà cos’altro. Hanno arrestato e interrogato servi e gente di tutte le risme, ma senza arrivare a niente. Il signor Dawkins, il nostro Incaricato d’affari, mi assicura che non c’è alcun sospetto che l’uomo che l’ha ferito sia stato istigato da me, o da qualcun altro della comitiva. Le allego copie delle deposizioni di quelli che erano con me, e del Dr Craufurd, un accorto Scozzese (non di mia conoscenza), che ha assistito all’ultima parte della storia. Sono in italiano.
Pisa, 27 agosto; a Thomas Moore
L’altro giorno, a Viareggio, ho pensato bene di fare una nuotata fino al mio schooner (il Bolivar) ancorato al lago, e da lì di nuovo a riva, tre miglia circa, in tutto, o anche di più. Dato che è successo a mezzogiorno, sotto un sole cocente, la conseguenza è stata che mi è venuto un attacco di febbre e mi sto spellando tutto, dopo essermi prima ricoperto di una grossa bolla, provocata dall’effetto congiunto di sole e mare. Mi ha fatto parecchio male, per via che non riuscivo a stare sdraiato sulla schiena, e nemmeno sul fianco, in quanto le spalle e le braccia mi si erano sambartolomeizzate. Ma ora è passata, ed ho cambiato la pelle, e sono lucido come una serpe coll’abito nuovo. Abbiamo bruciato i cadaveri di Shelley e di Williams sulla spiaggia, per metterli in grado di essere rimossi e sepolti regolarmente. Non puoi avere idea dell’effetto straordinario che può fare un rogo funebre sulla spiaggia desolata, con le montagne sullo sfondo e il mare davanti, e l’aspetto singolare che il sale e l’incenso conferiscono alla fiamma. Di Shelley si è consumato tutto, tranne il cuore, che non voleva prendere fuoco, e adesso viene conservato sotto spirito (…). Ci sono quasi quattro nuovi canti del Don Juan pronti (tre completi). Quell’*** di Galignani ha messo dieci menzogne in un solo paragrafo. In tasca a Shelley non è stata trovata una Bibbia, bensì le poesie di Keats. Comunque, non ci sarebbe stato niente di strano, poiché era un grande ammiratore delle Scritture in quanto composizione letteraria.
(Testo tratto dal volume Viaggiatori Stranieri a Pisa dal ‘500 al ‘900 con testi introdotti e tradotti da Marina Bailo, Carlo Carmassi, Mario Curreli, Antonella Magliocchi. Coordinatore Luigi Blasucci. © Copyright by Nistri-Lischi Editori, Pisa 2003. Per gentile concessione di Lucia Lischi. Le lettere provengono da Byron’s Letters and Journal, London 1979).