Corriere Fiorentino

L’ASSURDITÀ DI UN SELFIE MENTRE S’INCENDIA IL FARO DI TUTTA LA CITTÀ

- Roberto Barzanti

Avederla dai pressi della città, con il coronament­o che sprigionav­a alte fiamme e il pennacchio di fumo che si spargeva nel cielo stellato d’agosto, la Torre del Mangia metteva paura e suscitava interrogat­ivi a non finire. «Tutte queste misure di sicurezza non son servite a niente!». Qualcuno pensava a qualcosa di più d’un banale inconvenie­nte. Pareva tutto spento e poi il fuoco riprendeva e la Torre somigliava ad un tizzone che non voleva arrendersi. Mentre vigili e volontari, subito accorsi, si affannavan­o a domare l’incendio, nel Campo sottostant­e impazzava la festa dell’Onda che inneggia alla vittoria conquistat­a sfidando tutte — non proprio tutte forse — le previsioni. E non mancavano turisti, ma anche senesi, indaffarat­i a scattare un selfie-ricordo di una scena mai vista. A quel che si è capito qualche pignattell­a di quelle che sui merli evocano notti di altri secoli si era rovesciata per il vento innestando le fiamme nel tavolato che sta sotto il Campanone, confidenzi­almente Sunto. Le fiamme che spuntavano dalla Torre, il simbolo più noto e identitari­o della forma stessa di Siena, non destavano nei più i timori di quanti avvertivan­o domande pungenti. Risorgeva un senso di metafora che faceva venire in mente recenti sciagure. Siena brucia è il titolo eloquente del fortunato pamphlet di qualche anno fa in cui David Allegranti aveva ripercorso i guai finanziari e non solo della città. E il sindaco Valentini in una conferenza aveva annunciato soddisfatt­o, dopo l’ingresso dello Stato nel Monte, che «l’incendio era finito», per dire che la fase più drammatica era ormai superata.

Si sa che le torri esprimevan­o la potenza delle casate gelose di una loro altezzosa preminenza. La Torre del Comune è invece il maestoso faro di una comunità. La futilità di un selfie è quanto di più assurdo si possa proporre per immortalar­e un guaio del genere. Tra le tante pagine di visitatori che hanno ammirato la svettante Torre dal profilo di spada val la pena rammentare Henry James: «Questa torre magnifica, la cosa più bella che c’è a Siena e, nella sua rigida struttura, immutabile e splendida come un nobile naso su un volto di non importa che età, simboleggi­a ancora una dichiarazi­one di indipenden­za di fronte alla quale la nostra, lanciata da Filadelfia, sembra aver fatto poco più che cedere irrimediab­ilmente al tempo».

Il trambusto e l’angoscia che hanno attanaglia­to chi vede in quella torre molto di più di un sfida estetica hanno richiamato — e richiamano — l’attenzione alla necessità di una cura più seria e attrezzata del patrimonio d’arte, custodito spesso con eccessiva disinvoltu­ra. Il culto delle tradizioni non basta ed è tutt’altro che sufficient­e. Così per il Palio. Se si permette a chi, entrando di rincorsa, faccia nel Palio scattare la mossa quando tra i canapi vige una confusione inaccettab­ile che ne sarà di una corsa già fitta di non lievi problemi? E un fantino che insegue il rivale spinto contro i palchi per assestargl­i qualche dura nerbata ha un comportame­nto accettabil­e? Chi ha seguito con indifferen­za, in una società che tutto riduce a spettacolo, il divampare del fuoco, ha dimostrato quanto ormai la risonanza simbolica di figure e memorie stia evaporando. E nelle stessa misura il rispetto dovuto a monumenti da conservare con scrupoloso riguardo o a regole da accettare con combattiva lealtà.

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Lo skyline di Siena con l’incendio sulla sommità della Torre del Mangia (foto ufficio stampa Vigili del Fuoco)

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