Corriere Fiorentino

Maglia viola, palloncini bianchi «Nicco senza di te siamo persi»

Duemila ai funerali del ragazzo ucciso in discoteca. Le bandane degli amici, la lettera della fidanzata

- Antonio Passanese

«Non doveva andare in Spagna, non doveva andarci. Avevo provato a dirglielo, forse dovevo insistere». Sono quasi le 3 del pomeriggio e la chiesa Gesù Buon Pastore a Casellina già strabocca di gente, tanto che in centinaia sono costretti a seguire la funzione sul sagrato e in piazza, sotto un sole cocente. Luigi, il babbo di Niccolò Ciatti, il ventiduenn­e massacrato di botte nella discoteca Sant Trop di Lloret de Mar nella notte tra venerdì e sabato scorsi, parla con un filo di voce a chi gli si avvicina per stringerlo forte.

Un po’ ragiona a voce alta sui suoi dubbi di padre, un po’ cerca conforto negli sguardi della moglie Cinzia e della figlia Sara che non smette di accarezzar­e. Lo abbraccian­o gli amici, i compagni di Nicco, che si presentano al funerale in maglietta bianca e bandana («Abbiamo scelto di vestirci così per ricordare Niccolò. Questa era la sua ‘divisa d’ordinanza’. In questo modo lo sentiamo più vicino», spiegano a chi gli chiede il motivo di quella scelta). Ma anche chi arriva da Firenze, Prato e da tutta la Piana solo perché colpito dalla tragedia che sta vivendo la famiglia Ciatti. Luigi pronuncia parche parole, che pesano: «Voglio giustizia, giustizia per Niccolò». Lo ripete a tutti. All’ex premier Matteo Renzi, che in mattinata si presenta nella chiesa di Casellina e che, prima di andare via, promette: «Sarà il mio impegno personale e quello del governo italiano». E al sottosegre­tario alla Giustizia Cosimo Ferri, che dall’arrivo del feretro a Fiumicino, venerdì sera, non ha mai lasciato soli il babbo, la mamma e la sorella di Nicco rassicuran­doli «che la Procura di Roma farà di tutto per fare piena luce, insieme ai magistrati spagnoli, su quell’omicidio. Vogliamo la verità e vogliamo giustizia per Niccolò. Ci uniamo alla richiesta dei genitori del ragazzo con forza. Rispettiam­o il lavoro degli inquirenti catalani ma non arretriamo di un millimetro perché è impensabil­e che un nostro figlio vada in vacanza e venga massacrato in una discoteca in cui era andato per divertirsi».

Prima che il funerale inizi, in chiesa si vede anche il vice presidente della Fiorentina Gino Salica con in mano la nuova maglia viola (c’è scritto Niccolò) che mamma Cinzia appoggia sulla bara del ventiduenn­e, accanto alla sciarpa che il figlio usava quando andava al Franchi, alle sue foto e alle decine di mazzi di fiori bianchi (tra cui quelli della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Palazzo

 Il babbo Non doveva andare in Spagna, avevo provato a dirglielo, forse dovevo insistere di più Ora voglio solo giustizia, non chiedo altro

Vecchio). «Sono qui a nome di tutta la società per onorare la memoria del nostro tifoso. E per unirmi al coro che chiede giustizia. Quanto accaduto a questa famiglia è una tragedia assurda. Non ci sono parole di fronte a un simile dolore. Riflettere­mo se organizzar­e qualcosa per ricordare Niccolò».

L’ultimo saluto al fruttivend­olo di San Lorenzo lo celebra il parroco don Giovanni Paccosi, insieme al vicario generale della diocesi di Firenze, monsignor Andrea Bellandi, e ad altri dieci sacerdoti, che dal pulpito tuona contro gli assassini del ragazzo: «Niccolò è vittima di odio omicida, e chi ha fatto questa cosa, oltre alla giustizia degli uomini dovrà fare i conti con la giustizia di Dio. Gesù vieni tra noi e accarezza Luigi, Cinzia, Sara e Ilaria». La celebrazio­ne è un crescendo di emozioni, soprattutt­o quando i familiari vanno a stringere forte quella bara di mogano chiaro: ci parlano, la baciano, aggiustano le immagini e le corone per poi tornare tra i banchi, accanto al sindaco di Scandicci, di Firenze e di Lastra a Signa, che hanno voluto portare i tre gonfaloni delle città listati a lutto.

Prima che il feretro di Niccolò lasci la chiesa, vengono lette le lettere scritte da Ilaria (la fidanzata) e Sara. «Nella nostra immensa sfortuna, io e Nicco abbiamo avuto la grande fortuna di trovarci e di amarci — scrive Ilaria — appena messo piede in quella stanza d’ospedale, la numero 8, neanche ti avevo riconosciu­to: capelli senza bandana, senza lacca, senza gel. Sembravi un’altra persona. La prima cosa che ho pensato: Oh Nicco se volevi vedermi prima potevi anche ingegnarti in un altro modo… Poi mi sono tolta le scarpe e mi sono infilata nel tuo letto, come facevo sempre. Ho poggiato la testa sul tuo cuore e non l’ho sentito battere, ma per entrambi batteva il mio. La tua paura di perdermi era folle. Quante volte abbiamo litigato per un vestito troppo corto… Avevi tanti progetti: volevi tre figli, due femmine e un maschio… Amore mio, fatti bello, metti il profumo, aggiusta i capelli e scaccia quell’odore di ospedale che hai ancora addosso». Mentre Sara lo ricorda così: «Abbiamo fatto diventare pazzi i nostri genitori ma li abbiamo anche fatti stare bene. Spero che in quel letto la tua anima abbia sentito le parole che ti dicevo e i video che ti mostravo. Noi quattro siamo una famiglia rara e staremo sempre insieme».

Un lungo applauso liberatori­o, infine, accompagna il feretro fino all’uscita, con gli amici che, urlando «Nicco, Nicco, Nicco», lasciano salire al cielo decine di palloncini bianchi: «La tua anima è libera — sussurra qualcuno — da lassù, qualche volta, pensa a noi che senza di te siamo persi».

 La sorella Abbiamo fatto diventare pazzi i nostri genitori ma li abbiamo anche fatti stare bene. Spero che in quel letto la tua anima abbia sentito tutto

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 ??  ?? A sinistra i palloncini bianchi lasciati volare in cielo dagli amici all’uscita della chiesa Sopra gli amici con le camice bianche e le bandane che Niccolò indossava sempre
A sinistra i palloncini bianchi lasciati volare in cielo dagli amici all’uscita della chiesa Sopra gli amici con le camice bianche e le bandane che Niccolò indossava sempre
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Gli amici di Niccolò seduti in terra accanto alla bara
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L’ultimo saluto del sindaco Dario Nardella
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(foto Folgoso/ Sestini) La famiglia di Niccolò Ciati raccolta attorno alla bara nela chiesa Gesù Buon Pastore di Scandicci

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