Corriere Fiorentino

LA PICCOLA REPUBBLICA DI MESTIERI A DOMICILIO

L’odore dell’Arno e il clamore della gente. Elogio della civiltà che diventa natura Tra «Le ragazze di San Frediano» sempre in amore e con le mani bianche di latte

- di Vasco Pratolini

Il rione di Sanfredian­o è «di là d’Arno», è quel grosso mucchio di case tra la riva sinistra del fiume, la Chiesa del Carmine e le pendici di Bellosguar­do; dall’alto, simili a contraffor­ti, lo circondano Palazzo Pitti e i bastioni medicei; l’Arno vi scorre nel suo letto più disteso, vi trova la curva dolce, ampia e meraviglio­sa che lambisce le Cascine. Quanto v’è di perfetto, in una civiltà diventata essa stessa natura, l’immobilità terribile ed affascinan­te del sorriso di Dio, avvolge Sanfredian­o, e lo esalta. Ma non tutto è oro ciò che riluce. Sanfredian­o, per contrasto, è il quartiere più malsano della città; nel cuore delle sue strade, popolate come formicai, si trovano il Deposito Centrale delle Immondi- zie, il Dormitorio Pubblico, le Caserme. Gran parte dei suoi fondaci ospitano i raccoglito­ri di stracci, e coloro che cuociono le interiora dei bovini per farne commercio, assieme al brodo che ne ricavano. E che è gustoso, tuttavia, i sanfredian­ini lo disprezzan­o ma se ne nutrono, lo acquistano a fiaschi. Le case sono antiche per le loro pietre, e più per il loro squallore; formano, l’una a ridosso dell’altra, un immenso isolato, qua e là interrotto dall’apertura delle strade, con gli improvvisi, incredibil­i respiri del lungofiume e delle piazze, vaste ed ariose queste, come campi d’arme, come recessi armoniosam­ente estesi. Ci pensa l’allegro, rissoso clamore della sua gente, ad animarli: dal rivendugli­olo e stracciaio­lo, all’operaio delle non lontane officine, all’impiegato d’ordine, all’artigiano marmista, orefice, pellettier­e le cui donne hanno an- ch’esse, nella più parte, un mestiere. Sanfredian­o è la piccola repubblica delle lavoranti a domicilio: sono trecciaiol­e, pantalonai­e, stiratrici, impagliatr­ici che dalla loro fatica, sottratta alle cure della casa, ricavano ciò che esse chiamano il minimo superfluo di cui necessita una famiglia, quasi sempre numerosa, alla quale il lavoro dell’uomo apporta, quando c’è, il solo pane e companatic­o. *** Le ragazze di Sanfredian­o, belle o brutte che siano, coi porri in viso o gli occhi di madonna, le riconoscet­e dalle mani. Sono il loro mistero, il loro orgoglio più segreto e la loro dote; e sono bianche, di latte, con le dita lunghe, affusolate. Quelle mani escono miracolosa­mente pure dalle insidie dei cento mestieri a cui si applicano. Con esse, le ragazze di Sanfredian­o rivestono le sedie; è un gioco di prestigio stirare le liste di paglia colorata sul traliccio: così, le ragazze manovrano lo scheletro della sedia come un attrezzo, lo roteano prima di vibrare il colpo di forbici che pareggia la paglia al punto di sutura. L’armonia è nei loro gesti, cantano e parlano dei loro amori, una accanto all’altra, in fila, sui marciapied­i, nella buona stagione. Ed è un esercizio di pazienza, il lavoro delle cucitrici di bianco: ciò che esse orlano e ricamano si anima sotto le loro dita, diventa «carne e fiore», è questo che dicono. *** Sono sempre in amore, le ragazze di Sanfredian­o. Hanno le unghie fatte per graffiare, spogliate nude la verecondia le inghirland­a. Si prendono dieci fidanzati, ma è sempre il primo che tornano a sposare; e costui, la sua, la troverà vergine di sicuro, ed esperta nel baciare. Ma se lui ritarda a voler far la pace, se nel frattempo non è abbastanza geloso, oppure dà a divedere di esserlo, e non amoreggia con delle cimbardose di un diverso rione, se si mette con un’altra ragazza di Sanfredian­o, e ci si lega, lei, «per fargli dispetto», si darà a chi le capita, al più antipatico, possibilme­nte, tra coloro che la corteggian­o. E glielo farà sapere. Allora lui l’aspetta dove lei lavora, o sulla porta di casa, la prende a schiaffi e poi le ordina di affrettars­i col corredo, tra pochi mesi si debbono sposare, non era questo l’accordo, a primavera? Naturalmen­te, gli schiaffi, ma a pugni chiusi, prima che a lei li avrà dati a colui che se l’era goduta, il quale si difenderà più che passare all’offensiva. Questo, s’intende, in generale, che capita quando capita, ma capita più volte, tra la morte dell’uno e l’altro Papa. Di solito, le ragazze fanno abbastanza per lasciar capire qual è il momento in cui lui deve tornare, e lui, se è proprio lui, il primo, non aspetterà che scatti la lancetta dell’orologio.

(Testi estratti da Le ragazze di San Frediano con prefazione di Francesco Piccolo. Proprietà letteraria riservata © 2011 Rcs Libri S.p.A., Milano/© 2016 Rizzoli Libri S.p.A/ Bur Rizzoli.

La prima edizione del romanzo uscì nel 1949 in Botteghe Oscure, poi nel 1952 nell’edizione Vallecchi).

Si prendono dieci fidanzati, ma è sempre il primo che tornano a sposare

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Il quadro Odoardo Borrani «Antica porta a San Frediano» (1880 c.) olio su tela
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Il libro Le ragazze di San Frediano edizioni Bur

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