IL ROVESCIO DELLA BELLEZZA
C’è una frase che continuava a rimbalzare nella testa di chi scrive dopo aver letto le pagelle dei turisti a Firenze pubblicate venerdì sul Corriere Fiorentino. È una frase del giornalista Francesco Merlo, letta giusto qualche giorno prima e che fa parte di un suo scritto autobiografico: «Dicono ci sia una sola cosa che ci appartiene veramente perché è sempre con noi: il luogo in cui siamo nati». È sempre nei nostri ricordi, nelle nostre nostalgie, nei nostri incubi anche, e soprattutto nella nostra immaginazione. Ogni cosa spesso ci riporta lì, ogni emozione vissuta altrove, leggendo un libro, guardando un film, ogni odore, ogni sapore. Le città dove siamo nati e cresciuti mai torneranno, ma le emozioni provate sono come montagne che continuano ad esistere anche dopo che sono svanite. E purtroppo sempre con quelle bisogna continuare a fare i conti.
Chi scrive vive a Firenze, ma è nato a Bologna. Ogni domenica mattina il caffè in piazza Santo Spirito riaccende i ricordi delle domeniche mattina in piazza Maggiore, mano nella mano con il nonno, il suo profumo di colonia, i capannelli di bolognesi fuori dal bar Otello ad annunciare le possibili sventure del pomeriggio, il Bologna (che già non faceva più tremare il mondo) e a commentare i fatti della settimana passata. Emozioni, nostalgie, rimpianti. Ma non solo. Identità. Ora in piazza Maggiore, a Bologna, nella zona del mercato vecchio non c’è più il mercato vecchio: del bar Otello — stracolmo di pacchetti di sigarette, di foto della Bologna in bianco e nero, di maglie rossoblù — forse non è rimasta nemmeno l’insegna, solo locali e localini che hanno reso la parte popolare nascosta dietro al portico del Pavaglione un mangificio di panini e tortellini di plastica da gustare magari passeggiando tra una vetrina e l’altra. Il mangificio in salsa bolognese, come la fiorentina via dei Neri che chi è nato a Firenze ricorda ancora come bellissima strada delle botteghe, dove non c’erano i piccioni che ipnotizzati da una nuvola di vapore al tartufo puntano i turisti seduti sul marciapiede unto e bisunto. Non sfrecciavano i risciò. Non c’erano i torpedoni appena scesi dalla nave a Livorno, truppe felicemente intruppate verso il macello culinario. Visitatori che nulla sanno. A cui non interessa uscire dal tour prestabilito: Uffizi-Duomo-Accademia-panino nel mangificio-outlet-e via. Men che meno gli eventi culturali: il grande teatro dell’Opera? «E dov’è?».
Non li cercano nemmeno, gli eventi culturali. Non vogliono perdere tempo e forse non possono. Niente autobus, magari il taxi — nonostante siano troppo cari, dicono — che è più rapido. Ancora meglio il risciò, in mezzora vedi tutto quello che c’è da vedere e non fai file. Meglio il bagarino che ha fiutato il business e ti fa saltare la fila al museo. Per loro la città in fondo è abbastanza pulita, mica ci vivono qui, e forse le quattro strade del centro prostrate ai torpedoni lo sono davvero, con una impeccabile cura. Non sanno che oltre agli Uffizi c’è tanto altro, in centro e fuori. Che oltre i binari dei torpedoni ci sono ristoranti che offrono qualcosa di diverso dal tour prestabilito da Tripadvisor, dal panino con la salsa al tartufo. Sono portatori di rendita a costo zero, ed è così semplice piegarsi alle esigenze del mordi-bivaccafuggi. Perché dietro i voti dati dai turisti alla città c’è la Firenze che ingrassa sulle loro esigenze e con il minimo sforzo: appartamenti e posti letto ricavati ovunque (perfino nei vecchi fondi) che poi Airbnb piazza giusto il tempo di un clic. Colazione-pranzocena a qualsiasi ora. Risciò, borse finte ovunque, pullman che ti scaricano e poi ripartono verso sud, direzione outlet. Stracarichi, mentre ogni giorno la luce di un palazzo a Firenze si spegne. Quei voti sono la pagella — buona — di una città ampiamente promossa all’esame di chi ci passa qualche ora o al massimo un paio di giorni. Perché la Firenze che commentano e che ha commentato ieri anche l’assessore al turismo di Palazzo Vecchio Anna Paola Concia (annunciando lodevoli iniziative per cercare di governare i flussi turistici e servizi annessi) è la città che non appartiene più ai fiorentini. È la Firenze che perde mille residenti l’anno. Dove secondo i dati dell’ufficio statistica del Comune nel Quartiere 1 pernottano 60 mila turisti, tanti quanti i residenti. Che scappano dalla città reale, attenta alla bellezza a prova di clic, ma così egoista nei confronti di chi nella bellezza vorrebbe vivere tutti i giorni. Ordine, pulizia, sicurezza, parcheggi e non strade maleodoranti o colabrodo, transenne ovunque, piazze (non solo quelle meno turistiche) arrese ai pusher (avete fatto di recente una passeggiata notturna in Santo Spirito o Santa Croce, quando i turisti dei torpedoni non ci sono già più?) o ai bivacchi sulle pietre ottocentesche. I torpedoni arrivano e saranno sempre di più, attirati dalle comodità della città mangificio tutta da spolpare a colpi di selfie. Ed è anche il futuro che si potrebbe preparare per San Frediano, nonostante il colpo di immagine conquistato sul piano internazionale con la classifica di Lonely Planet che l’ha eletto «quartiere più cool del mondo». I residenti scappano dalla città reale. Non da quella delle emozioni. Da quella, Bologna o Firenze, non si scappa. E forse è una condanna. Perché non ci si rassegnerà mai.
La città dei turisti Il giudizio di chi passa poche ore è positivo Ma c’è altro oltre a Uffizi panini e ristoranti E quella dei fiorentini Mille residenti in meno ogni anno. In centro ne restano 60 mila Tanti quanto i visitatori