Medicina, dalla Regione borse di studio col vincolo
Proposta di Saccardi al governo: gli specializzandi pagati da noi restino in Toscana almeno 3 anni
Scatizzi (Acoi): con il decreto da Roma si garantiranno più opportunità per le scuole aprendo le porte di più ospedali
La chiamano «gobba previdenziale»: il grosso dei medici assunti nel 1978 con la nascita del sistema sanitario nazionale sta andando in pensione. Così nei prossimi anni, anche in Toscana, tra ospedali e ambulatori sul territorio si rischia di essere a corto di dottori. È uno dei motivi per cui in questi giorni monta la polemica sulla riforma delle scuole di specializzazione, un grande imbuto che taglia fuori molti laureati in medicina e li costringe a emigrare.
Per questo l’assessore regionale alla salute, Stefania Saccardi, negli scorsi mesi ha più volte tentato di suggerire al governo di lasciar scegliere alla Regione i numeri dei posti nelle scuole, in modo da legarli alle effettive esigenze di ospedali e territorio. Ora Saccardi lancia una nuova proposta: «Le scuole toscane, per la loro qualità, sono molto ambite. E molti specializzati originari di altre regioni, dopo essersi formati qua, vanno a lavorare vicino a casa. Per questo propongo al governo che, almeno per quel che riguarda le borse di studio finanziate dalla Regione, sia possibile inserire una clausola che imponga allo specializzato di restare a lavorare qui almeno per tre anni. Per tanti piccoli ospedali sarebbe la salvezza». Ma gli specializzandi lamentano difficoltà nel riuscire ad arrivare ai numeri minimi previsti dalla legge: spesso non riescono a fare la quantità richiesta di interventi chirurgici. Per questo il sindacalista di Anaoo Carlo Palermo ha lanciato la proposta di consentire agli specializzandi di poter lavorare anche negli ospedali non universitari. Ora a rispondergli è Marco Scatizzi, direttore di chirurgia generale a Prato e responsabile toscano di Acoi, l’associazione dei chirurghi ospedalieri: «Nel caso dell’Università di Firenze, i grandi ospedali come Prato accolgono già gli specializzandi — spiega — E la riforma va proprio in questa direzione: non solo il nostro modello diventerà la regola, ma consentirà a noi “ospedalieri” di aver voce, di far parte dei consigli delle scuole, e soprattutto ci obbligherà a dedicare il 20% della nostra casistica agli specializzandi».