Pd, la corsa anti M5S Il segretario sfida la fronda: sfiduciatemi
È una guerra fratricida quella che si sta consumando nel Partito Democratico livornese. Post su Facebook, comunicati a mezzo stampa e un clima di sconforto tra gli iscritti. Ad inizio agosto Matteo Renzi aveva lanciato la sfida: «Il Pd nel 2019 deve tornare a vincere a Livorno e strappare la città ai Cinquestelle». E così, giovedì, ben 52 dirigenti e iscritti del partito hanno firmato un documento che chiede ai vertici comunali e provinciali di anticipare il Congresso ad ottobre rispetto alla scadenza naturale nella primavera 2019, cioè a due mesi dalle elezioni. Ma i segretari (comunale e provinciale) Federico Bellandi e Lorenzo Bacci non ci stanno e vedono nel documento una richiesta strumentale per disarcionarli: «Ho convocato un’assemblea comunale per il 18 settembre — risponde con tono di sfida Bellandi, ex rossiano oggi vicino al vicesegretario nazionale Martina — se vogliono sfiduciarmi vengano quel giorno e si assumano la responsabilità delle loro azioni».
Ma lo scontro aperto giovedì non è solo una questione tra maggioranza e minoranza interna al partito. Infatti, tra i 52 firmatari del documento ci sono anche molti renziani: a partire dal consigliere regionale Francesco Gazzetti, passando per Alessio Ciampini fino al segretario di sezione Paolo Cecchi. È proprio Gazzetti il protagonista di una polemica personale con il segretario provinciale Bacci che nelle ultime ore lo ha accusato via Facebook di «essersi reso strumento, nella tradizione del peggiore politicismo, di chissà quale gioco di potere che con Livorno non ha niente a che fare». «Per me parla la mia storia — risponde Gazzetti — quello di Bacci è uno sfogo ma io non faccio polemiche, voglio solo lavorare per poter vincere di nuovo a Livorno».
Bacci, però, non è l’unico a pensare che la lotta interna al Pd livornese non sia solo una questione locale. Secondo Bellandi, infatti, questo atto di sfida nei suoi confronti rappresenta solo «la prima guerra, insieme a Piombino, da parte di una frangia interna del partito per prendere il potere prima delle elezioni politiche del 2018, scommettendo sulla sconfitta di Renzi». «Sarebbe cinico — continua il segretario comunale — farlo sulle spalle di Livorno: se in questi anni avessimo usato questa energia per contrastare Nogarin, i livornesi avrebbero un’altra impressione del Pd».
Oltre alla spaccatura interna palesata con le uscite pubbliche, a creare ulteriore scompiglio nel partito è il modo attraverso cui si sta sviluppando il dibattito, con liti e accuse incrociate espresse quasi unicamente tramite social. Provocando lo sconforto degli iscritti: c’è chi chiede di «smettere di dividerci» perché «così si perde», chi parla di «giochi viscidi» tutti interni e chi accusa i dirigenti di parlare solo «politichese» senza occuparsi dei problemi della città come «la raccolta dei rifiuti porta a porta». Perché è su questo che poi si giocherà la vera partita tra due anni.