Questa città d’agosto racconta il fallimento di una comunità
Gentile direttore, le sue apprezzabili considerazioni sulla Firenze agostana, espresse sul Corriere Fiorentino dello scorso 11 agosto scorso con leggerezza e precisione, penso che abbiano fornito ai lettori motivo di riflessione amara e rassegnata su ciò che la Firenze contemporanea è diventata. Emerge in primo luogo lo sconforto per la città che non si svuota affatto in un periodo che nel recente passato vedeva la città semidesertificata, con grande gioia dei pochi rimasti e che continua ad offrire quell’immagine caotica e opprimente che è diventata la sua espressione più autentica; il pensiero sotteso è che in condizioni «normali» Firenze è assolutamente insopportabile e diventa vivibile soltanto quando la maggior parte degli abitanti sono altrove.
L’elemento centrale delle vivibilità del contesto sembra quindi essere quindi quello delle qualità del contesto umano, che, nella percezione individuale e nelle interazioni fra soggetti rivela una involuzione civile di proporzioni titaniche, gli atteggiamenti reciproci, le espressioni, i linguaggi non verbali della popolazione appaiono improntati al disprezzo e all’insofferenza per gli altri, che, anziché costituire un’occasione di crescita e di stimolo, divengono un fastidio ostentato e generano la sensazione insopportabile di una presenza invadente e sgangherata di cui si farebbe volentieri a meno. Come si sa bene questo significa il fallimento di una comunità e un problema di maleducazione nel suo significato più esteso, di cui la classe dirigente dovrebbe prima di tutto riconoscere la palese drammaticità, approfondirne gli aspetti e ristabilire priorità, l’esatto opposto dell’irresponsabile fiera delle vanità che ne è l’elemento distintivo attuale. Gli storici diranno che questa è l’ineluttabile genesi di una piccola borghesia avida e bottegaia che non ha saputo compiere una metamorfosi virtuosa. Intanto però continuare a vivere in una realtà impoverita e sterile è diventata un problema che spero anche il giornalismo, rompendo tabù inconfessabili vorrà affrontare e sviluppare coinvolgendo i più ampi contesti. Sergio Losacco