AMORE LIBERO ALLE CASCINE (FIRENZE VISTA DAL COCKER)
Il racconto Corse pazze senza guinzagli e manganelli, accoppiamenti senza l’incubo del pedigree Con il cane Flush alla scoperta della città. Altro che Londra, un paradiso del meticciato
Presto Flush divenne cosciente delle profonde differenze tra Pisa – giacché a Pisa si erano trasferiti – e Londra. I cani quaggiù erano diversi. A Londra non faceva in tempo a finire il giro della cassetta delle lettere che incontrava un carlino, un retriever, un bulldog, un mastino, un collie, un Terranova, un San Bernardo, un fox terrier o una delle sette famose famiglie della razza Spaniel. A ciascuno aveva attribuito un nome e un rango. Ma a Pisa, nonostante i cani abbondassero, non c’erano ranghi: erano tutti – per quanto incredibile – meticci. Stando a quanto poteva osservare erano semplici cani: cani grigi, cani gialli, cani striati, cani pezzati. Scovare un singolo spaniel, collie, retriever o mastino tra tutti loro era impossibile. Forse il Kennel Club non aveva competenza giuridica in Italia? Lo Spaniel Club era sconosciuto? Non c’era una legge che proibiva i ciuffi, che prediligeva le orecchie arricciate, che proteggeva le zampe ricoperte di peluria ed esigeva che la fronte fosse arrotondata e non appuntita? Apparentemente no. Flush si sentiva un principe in esilio. Era il solo aristocratico tra una massa di canaglie. Era il solo puro cocker spaniel in tutta Pisa (…) *** Proprio come Mrs. Browning esplorava la sua nuova libertà e si dilettava nelle scoperte che faceva, così Flush faceva le proprie scoperte ed esplorava la sua libertà. Prima di lasciare Pisa – giacché nella primavera del 1847 si trasferirono a Firenze – Flush aveva affrontato la prima strana e triste verità, ovvero che le leggi del Kennel Club non erano universali. Si era costretto ad affrontare il fatto che i ciuffi non fossero di per sé qualcosa di fatale. Di conseguenza, aveva rivisto il suo comportamento. In un primo momento aveva agito con esitazione nei riguardi della nuova concezione di società canina. Si stava convertendo alla democrazia ogni giorno di più. Perfino a Pisa, Mrs. Browning aveva notato: «Tutti i giorni Flush esce in strada e parla italiano con i cani più piccoli». Adesso che erano a Firenze, gli ultimi anelli delle sue antiche catene erano caduti. Il momento della liberazione era giunto un giorno al parco delle Cascine. Mentre correva sull’erba “color smeraldo” tra “i fagiani vivaci e svolazzanti”, improvvisamente Flush ripensò a Regent’s Park e al suo avvertimento: I cani devono stare al guinzaglio. Dov’era finto quel “devono” adesso? Dov’erano i guinzagli? Dov’erano i guardiani e i manganelli? Andati, spariti insieme ai ladri di cani, al Kennel Club e al Club dello Spaniel di un’aristocrazia corrotta! Andati con le quattro ruote e le carrozze eleganti! Con Whitechapel e Shoreditch! Flush correva veloce, scattava, il suo pelo riluceva e i suoi occhi brillavano. Era amico del mondo intero ormai, tutti i cani erano suoi fratelli. Non aveva bisogno di alcuna catena in quel mondo nuovo, non aveva bisogno di protezione (…). *** A Firenze non conosceva paura: non esistevano ladri di cani e – qui forse aveva sospirato – non c’erano genitori. Ma, a essere franchi, se Flush si precipitava fuori da Casa Guidi quando vedeva la porta aperta, non era esattamente per ammirare quadri o penetrare in chiese buie a contemplare gli affreschi confusi, ma perché era alla ricerca di qualcosa che gli era stato negato durante tutti quegli anni. Quando il corno da caccia di Venere aveva inondato i campi del Berkshire della sua musica selvaggia, Flush aveva amato la cagnetta di Mr. Partridge e lei aveva dato alla luce suo figlio. Adesso udiva la stessa voce rimbombare per gli stretti vicoli di Firenze, ma con maggior impeto – con impeto ancor maggiore dopo tutti quegli anni di silenzio. Adesso Flush conosceva quello che agli uomini non è dato conoscere mai: l’amore puro, l’amore semplice, l’amore assoluto, l’amore che non si trascina affanni, che non ha vergogna, rimorso, che va e viene come si posa l’ape sul fiore e poi vola via. Oggi una rosa, domani un giglio, ora il cardo selvatico nel campo, ora la sontuosa orchidea di una serra. Con la stessa varietà, con la stessa spensieratezza Flush cingeva la spaniel chiazzata nel viottolo e la cagnetta striata e quella gialla – quale non importava. Per lui era lo stesso. Seguiva il richiamo tutte le volte che il richiamo suonava e il vento lo trasportava. L’amore era tutto, l’amore gli bastava. Nessuno lo biasimava per le sue scappatelle. Mr Browning si limitava a ridere: «Alquanto scandaloso per un cane rispettabile come lui» commentava ogni volta che Flush faceva ritorno molto tardi la sera o presto al mattino. Anche Mrs. Browning rideva quando Flush si accasciava sul pavimento della camera da letto e dormiva sonoramente sopra lo stemma della famiglia Guidi intarsiato nella scagliola (…).
(Estratto da Flush. Una biografia, traduzione di Cristina Verrienti, Elliot. © 2017 Lit Edizioni Srl. Tutti i diritti riservati. La prima edizione uscì nel 1933)
Non c’era legge che proteggeva le zampe Si sentiva un principe in esilio