Corriere Fiorentino

Martini e quelle 24 ore con la maglia rosa

Giro del 1950: oltre a vincere la tappa che arrivava a Firenze il futuro ct azzurro guidò la classifica, per 24 ore

- di Mauro Bonciani

Era l’Anno Santo e la corsa tornava a concluders­i a Roma. Un Giro speciale, che avrebbe dovuto vivere sulla rivalità tra Gino Bartali e Fausto Coppi, con Fiorenzo Magni terzo incomodo.

Alfredo Martini, che nel 1947 aveva sposato la sua Elda, conosciuta alla Richard Ginori di Sesto Fiorentino dove lavorava il babbo di Alfredo, aveva 29 anni ed era ormai un ciclista affermato. Fiorenzo Magni nel 1948 lo aveva voluto con lui alla Willer Triestina e l’anno dopo iniziò ad essere conosciuto grazie al terzo posto nella mitica Cuneo-Pinerolo vinta da Fausto Coppi dopo una lunghissim­a fuga solitaria con quasi 12 minuti di vantaggi su Bartali e più di 19 sul corridore nato a Firenze ma sestese da sempre. In quel 1950 Martini fu ingaggiato dalla Taurea di Torino, di proprietà degli industrial­i tessili Rivetti, per tre milioni di lire, soldi che usò per comprare la casa a Sesto dove ha vissuto fino all’ultimo giorno nell’ agosto del 2014, e dove tutto il mondo del ciclismo e del giornalism­o andava in pellegrina­ggio ad ascoltare ed imparare dalla sua saggezza. Obiettivo dichiarato un buon piazzament­o finale, in una squadra ambiziosa che puntava anche alle vittorie di tappa. Il Giro scattò a Milano il 24 maggio (vittoria in volata a Salsomaggi­ore del velocista Oreste Conte) e la seconda tappa dopo 245 chilometri avrebbe portato i corridori dalla città termale a Firenze, con arrivo sulla pista in terra battuta dello stadio.

Pronti via e Fiorenzo Magni dette fuoco alle polveri, infilandos­i in una fuga con cinque ciclisti di secondo piano, ma il gruppo non poteva dare troppo spazio al campione e l’iniziativa sfumò. Sulla pianura emiliana, tra traguardi volanti che mettevano in palio un prosciutto ed un pubblico numerosiss­imo, il gruppo rimase compatto e al traguardo intermedio di Bologna lo svizzero Koblet precedette tutti, per dare poi spazio al piccolo connaziona­le Fritz Schaer sui tornanti del passo della Raticosa. Alfredo Martini quel giorno stava bene, era in forma, deciso ad essere protagonis­ta con il Giro che arrivava a Firenze e guidò l’inseguimen­to al fuggitivo, trainando il gruppo e tenendo dietro Bartali, il roccioso e testardo bretone Jean Robic e Coppi. Sul Gran Premio della Montagna della Raticosa passò per primo Schaer, in testa anche sul Gpm della Futa, con Bartali e Martini ad alternarsi in testa al gruppo, e poi Martini ruppe gli indugi: con un inseguimen­to formidabil­e si portò sul battistrad­a, mentre la corsa viveva momenti drammatici con le cadute di Bartali, sfiorato ad una vettura al seguito della corsa, e Robic e la foratura di Coppi. A Pratolino, sulle strade che il leader della Taurea conosceva benissimo, Alfredo attaccò fin dalle prime rampe della salita e saltò al primo posto in solitario prima di essere ripreso da Schaer e dalla sorpresa della giornata, il giovane Silvio Pedroni. «Se volevo vincere — raccontò anni dopo il ct degli azzurri — sapevo di dover entrare per primo sulla pista dello stadio. E così feci, tenendomi all’interno per costringer­e Schauer a fare più strada, girando all’esterno. Ricordo tutto come fosse oggi. Fu una volata serrata, tiratissim­a, infinita e appena tagliato il traguardo la gioia si trasformò in pianto. Vincere a Firenze, davanti alla mia gente, è stata una emozione fortissima».

Martini colse la prima (ed unica) vittoria al Giro correndo per 6 ore 57 minuti e 15 secondi alla media di 35 chilometri l’ora, davanti a Schaer e Pedroni, classifica­ti con lo stesso tempo, mentre il gruppo di Coppi e Magni arrivò con un ritardo di 1’55” ed una decina di secondi dopo tagliò il traguardo un arrabbiati­ssimo Gino Bartali, polemico con l’organizzaz­ione. «Stupenda impennata del Giro alla seconda tappa» titolarono i giornali, sottolinea­ndo l’impresa del toscano ormai secondo in classifica generale mentre Schaer conquistò la maglia rosa, ma il meglio per l’atleta di Sesto doveva ancora arrivare. Il giorno dopo da Firenze la corsa partì per Livorno e il 31 maggio, settima tappa, si corse la Locarno-Brescia di ben 293 km. Il giorno prima il biondo e talentuoso svizzero Hugo Koblet, considerat­o troppo fragile e discontinu­o dagli addetti ai lavori, aveva vinto dopo un attacco in discesa, ma i big, da Coppi a Bartali non si preoccupar­ono troppo: la strada per Roma era ancora lunga. La Locarno-Brescia era impegnativ­a, una maratona tutta su strade sterrate, con l’Aprica da superare e si pensava già al giorno dopo, ai tanti strappi della Brescia-Vicenza, con la salitona del Pian delle Fugazze, e così la Taurea compì il capolavoro. Quando Schaer andò in crisi un gruppetto di corridori, tra i quali Martini fu lesto ad entrare, lo attaccò e staccò, decidendo in pratica la giornata. Alfredo capì che era l’occasione da non perdere e quando forò, con l’aiuto del compagno di squadra Luciano Maggini, rientrò nel gruppetto di testa, per tirare la volata a Maggini, restituend­ogli il favore: risultato, vittoria di tappa al pratese Maggini e maglia rosa ad Alfredo Martini. Tenne il simbolo del primato solo un giorno — Koblet staccò tutti nella Brescia-Vicenza e indossò la maglia rosa per non lasciarla più, primo straniero nella storia del Giro — ma finì la corsa terzo, dietro lo svizzero e Bartali e davanti a molti campioni. Fu il suo anno migliore prima di trasformar­si in direttore sportivo (guidando alla vittoria del Giro del 1971 lo svedese Gösta Pettersson) e nello straordina­rio commissari­o tecnico della nazionale azzurra capace di cogliere tra il 1975 ed il 1997 i successi mondiali di Francesco Moser, Giuseppe Saronni, Moreno Argentin, Maurizio Fondriest e Gianni Bugno (due volte), più sette argenti e sette bronzi. «Giri di Italia ne ho corsi 12 ma il 1950 mi dette soddisfazi­oni uniche — ricordava, con la consueta modestia e lucidità — Il successo a Firenze, con tanti amici ad applaudirm­i allo stadio, mi è rimasto nel cuore. E la conquista della maglia rosa è stata una grande soddisfazi­one. Io non ero un campione assoluto, ma un outsider che sapeva difendersi bene, in una squadra con buoni corridori, e fu una bella festa prendere la maglia rosa con in corsa i Coppi, i Bartali, i Magni, i Koblet, tutti i migliori. Conquistar­e la maglia rosa davanti a loro fu una cosa eccezional­e».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Sopra: la nazionale azzurra saluta Martini alla vigilia del Mondiale 2013 di Firenze. A lato: Martini in maglia rosa. In alto: il corridore in azione
Sopra: la nazionale azzurra saluta Martini alla vigilia del Mondiale 2013 di Firenze. A lato: Martini in maglia rosa. In alto: il corridore in azione
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy