L’abbraccio alle vittime del Forteto Francesco: «Vi chiedo perdono»
Una delegazione con Betori dal Papa. Pietracito: spero di non averlo stretto troppo forte
«Ho paura di avergli rotto una costola». Di certo non è stato un abbraccio di circostanza. Quando Papa Francesco gli si è fatto avanti in piazza San Pietro, Sergio Pietracito, il presidente dell’associazione delle vittime del Forteto, lo ha stretto così forte che gli è rimasta la paura di avergli fatto male. Per i ragazzi del Forteto, l’incontro di ieri in Vaticano col Pontefice è stato una liberazione: la storia degli abusi nella comunità mugellana esce prepotentemente dai confini toscani. E alle resistenze, ai silenzi, alle omissioni, ai dubbi, manifestati da tanta parte della politica fiorentina, Francesco ha risposto con poche lapidarie parole: «Perdonatemi. E vi chiedo perdono anche per chi non l’ha fatto».
L’udienza era fissata da settimane, per iniziativa del cardinale Giuseppe Betori. Per andare a Roma, ieri, i ragazzi sono partiti dal Mugello alle due di notte, pur di non far tardi. In venti, con quattro macchine, sono arrivati in Vaticano prima che il grande traffico della Capitale si svegliasse. Il parcheggio riservato, poi la sorpresa di una visita guidata tutta per loro tra le tombe dei Papi dentro la Basilica di San Pietro ancora chiusa al pubblico: «Ci hanno coccolati per quasi un’ora», raccontano. Fuori, la piazza è gremita per l’udienza generale di Francesco. Per i ragazzi del Forteto una nuovo inatteso privilegio: anziché i posti in piedi, ecco le sedie a venti metri dalla piccola pedana del Papa. Che durante l’udienza nomina tutti i gruppi invitati. E quando davanti a tutta piazza San Pietro scandisce «associazione vittime del Forteto», ecco il boato: «Quando faceva il nome di un gruppo sembrava di essere allo stadio, ognuno faceva il tifo per sé — raccontano — Così quando è toccato a noi, abbiamo applaudito e urlato a pieni polmoni».
Il momento più importante arriva dopo l’udienza, quando il Pontefice, accompagnato dal cardinale Betori, si avvicina ai ragazzi. Tra Francesco e Sergio scatta l’abbraccio: «Perdonatemi. E vi chiedo perdono anche per chi non l’ha fatto», dice il Papa, che si sarebbe poi lasciato andare a un’espressione forse riferita al profeta Rodolfo Fiesoli, l’ex leader del Forteto: «Quel falso santone…». Il Papa stringe la mano a tutti a tutti, a Donatella, Giuseppe, Deborah, Grazia, Alessio, Lara, ad alcune delle madri dei bambini affidati al Forteto. Tra queste anche Dolorata Scozzari, arrivata dal Belgio: nel 2000 neppure una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo fu sufficiente a restituirle i suoi figli, tanto era forte l’influenza del Forteto. A tutti, poi, viene regalato un rosario in ricordo di una giornata storica. «Un’emozione grandissima», dice Donatella. Con il gruppo, c’è anche Giovanni Marchese, l’avvocato di alcune delle vittime, che consegna al Pontefice un dossier sulla vicenda.
Da Firenze, l’evento di ieri mattina viene commentato dai presidenti delle due commissioni regionali d’inchiesta sul Forteto: «L’incontro delle vittime con Papa Francesco mi auguro contribuisca a fare assumere alla vicenda la dimensione nazionale che ancora oggi manca», dice il consigliere regionale del Pd, Paolo Bambagioni. Gli fa eco il collega di Forza Italia, Stefano Mugnai: «È un passo importante verso la nazionalizzazione di questo dramma».«L’incontro con il Santo Padre è stato fonte di consolazione per le vittime che si sono strette attorno a lui come figli lacerati e sofferenti — spiega il cardinale Betori — ma il suo gesto di accoglienza rappresenta anche un importante segno di sostegno al cammino intrapreso dalle vittime perché emerga la verità sugli atti criminosi che hanno segnato la vita del Forteto. Una verità che deve essere sancita nelle aule della giustizia come pure deve diffondersi nella coscienza della collettività, soprattutto di coloro che hanno responsabilità nella conduzione della vita della società». Un punto su cui anche Pietracito insiste: «L’emozione è grande perché il riconoscimento della nostra sofferenza arriva dal Papa, mentre in Mugello e a Firenze in troppi fanno ancora troppo fatica ad ammettere quel che è successo. Noi invece, l’abbiamo detto anche a Francesco, andremo fino in fondo, fino alla verità». Sergio fa un pausa, è commosso. Poi riprende: «Gran bel tipo questo Papa. Somiglia anche un po’ a mio babbo…».
Fuori dall’ombra Il riconoscimento della nostra sofferenza arriva dal Vaticano, mentre nel Mugello ancora troppi faticano ad ammettere ciò che è successo Il cardinale Un segno di sostegno perché emerga la verità sugli atti criminosi che deve diffondersi nella coscienza della collettività