Code, bagarini, web, Vasariano La missione di Eike non è finita
Le cose fatte dal direttore e quelle da completare. In 24 mesi
Quando fu reso noto il suo nome era l’agosto del 2015 (l’insediamento sarebbe arrivato qualche mese dopo). E lui disse subito urbi et orbi che, felice di venire a guidare gli Uffizi, il suo primo obiettivo sarebbe stato quello di ridurre code e tempi di attesa, chiudere la questione Isozaki, finire i Nuovi Uffizi. Da allora, era ancora a Minneapolis, Eike Schmidt non ha mai lesinato dichiarazioni né conversazioni sui suoi progetti. Per dire: fu lui a dichiarare che, durante il suo mandato, avrebbe aperto il percorso del Principe sistemando il Corridoio Vasariano perché fosse attraversabile da Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti (oggi il primo tratto — da Palazzo Vecchio agli Uffizi — è stato inaugurato) togliendo, dicono in tanti, al ministro Franceschini — che pare si sia dispiaciuto — il piacere di annunciare la notizia.
Il direttore straniero, avvezzo al marketing, alla comunicazione e al lavoro in prima linea da allora di cose ne ha fatte. Corridoio Vasariano a parte, è stato lui l’artefice della nascita del Museo della Moda a Palazzo Pitti (grazie a un accordo con Pitti Immagine) inaugurato il 13 giugno di quest’anno con la bella mostra a cura di Olivier Saillard. È stato lui a rivoluzionare la politica dei biglietti: una svolta non da poco, ufficializzata il 1° agosto, che prevede abbonamenti annuali e tariffe più alte che variano secondo la stagione (più basse dal 1° novembre a fine febbraio, più alte nel resto dell’anno) È stato sempre lui ad aprire le sale della Galleria Palatina, il 29 maggio, al grande evento Gucci, ottenendo in cambio, dalla maison, un finanziamento di due milioni di euro per restaurare il giardino di Boboli, con un intervento sul suo patrimonio botanico. Ha riaperto la Sala Bianca alle sfilate con la serata Ricci. Per studiare l’andamento delle code lo abbiamo incontrato al lavoro una domenica mattina presto, era il 9 maggio: distribuiva ai turisti in coda delle targhette dotate di chip che servivano a registrare la durata del tempo d’attesa all’ingresso del museo. In assenza di custodi volontari, in numero sufficiente, ci disse «Si fa tutto».
Non basta: ha rivoluzionato la sala Botticelli ed entro novembre ha promesso di fare altrettanto con quella dedicata a Leonardo, a Michelangelo a Raffaello, ai caravaggeschi e agli Autoritratti (prima erano nel Vasariano e la scelta di toglierli dalla loro collocazione ha suscitato non poche polemiche). E poi come non dimenticare: intestandosi la sua personale battaglia contro i bagarini a maggio 2016 decise di intervenire con un megafono da cui la sua voce stentorea si diffondeva per il Piazzale degli Uffizi allertando i turisti contro i biglietti «dopati». Il risultato fu che il Comune lo multò e lui l’indomani mattina fu visto in banca a pagare la sanzione di tasca propria. Ci fece su una risata e via. Ora gli resta da finire la missione Vasariano, da concludere la vicenda Isozaki — le ultime sue dichiarazioni sembravano propendere verso un sì alla pensilina per l’uscita dei Nuovi Uffizi — da dare una regolata alle code sempre troppo lunghe. Ha ancora due anni. Durante i quali dovrà presentare il nuovo sito del museo e potenziare la comunicazione online. Ancora inefficace.