Quel muro di gomma nei corridoi della Galleria
I malumori dei funzionari «demansionati», i ricorsi, i sindacati: tutti i freni alla gestione stile Usa
Le voci interne È divisivo, lui sceglie di lavorare solo con chi vuole, senza tenere conto dei ruoli
Sino a ieri, nell’intervista rilasciata alla Süddeutsche Zeitung, Eike Schmidt non ha fatto mistero degli ostacoli incontrati nella gestione degli Uffizi, nel corso di questi due anni, per una certa «ridondante burocrazia» e per «l’approccio un po’ altezzoso» di chi pensa di non dover invogliare i turisti a visitare i nostri musei. Diciamo di renderli più appetibili.
Sono ostacoli oggi resi manifesti dal direttore, ma che in questi due anni hanno operato sotto traccia. La lettera degli storici dell’arte contro Schmidt di questa estate è stato il primo segno manifesto del malessere di chi si è sentito demansionato.
La rivoluzione interna al museo, per esempio, quella che ha portato all’inaugurazione della nuova sala Botticelli e che per l’anno prossimo dovrebbe spingersi sino al riallestimento delle sale di Leonardo, Michelangelo e Raffaello, pare che gli storici dell’arte, per la più parte, non la condividano né la sposino. Se la ragione di questo veto interno sia più di ordine scientifico che personale a oggi non è dato saperlo. Certo è che il fatto che Schmidt abbia scelto da sé, coinvolgendo in questa nuova organizzazione degli spazi solo alcuni tra i funzionari un tempo deputati a dirigere i vari dipartimenti degli Uffizi, ha scontentato molti. Il sistema americano di gestione dei musei, cui Schmidt era abituato, si è scontrato contro una tradizione tutta italiana, dove concertazione, dialogo, condivisione, veti, sindacati, hanno tradizionalmente più peso che oltre oceano.
Nei corridoi del museo c’è chi dice: «Lui sceglie con chi collaborare, indipendentemente dalla sua mansione creando malumori e attriti interni. È un direttore divisivo».
La cosa ha avuto delle ripercussioni anche pratiche. Pare che in molti, davanti alla richiesta del direttore di collaborare per riscrivere la segnaletica e le targhette delle opere, si siano sottratti, considerandola una diminutio e lasciando a lui il compito. La macchina delicata degli uffici di via della Ninna si è inceppata anche alla voce custodi. Molti, ma questo avveniva anche nell’era di Antonio Natali, hanno presentato ricorso per demansionamento. Gli ultimi 20 lo hanno fatto proprio questa estate. E man mano che questi ricorsi sono stati accolti hanno pure chiesto il riconoscimento di danni economici. La lista potrebbe continuare, ma la morale resterebbe uguale. Il muro di gomma interno, agli Uffizi, c’è stato. Eccome.