Rapido 904, il processo riparte da zero
Colpa della riforma del codice e del giudice che va in pensione: la sentenza su Riina slitta di mesi
Era solo questione di giorni: sentiti pentiti e collaboratori di giustizia, la Corte d’assise d’appello avrebbe deciso il destino del boss mafioso Totò Riina, accusato di essere l’unico mandante della strage del rapido 904. Ieri, il colpo di scena. Nell’aula 29 del Palazzo di giustizia, i testimoni sono rimasti in silenzio e, soprattutto, non ci sarà, per il momento, alcun verdetto sull’ordigno che esplose nella galleria di San Benedetto Val di Sambro il 23 dicembre 1984 e provocò la morte di sedici persone oltre al ferimento di 267 tra uomini, donne e bambini. Per uno strano scherzo del destino il processo d’appello ripartirà da capo.
Il 3 agosto scorso è entrata in vigore la riforma della giustizia firmata dal ministro Andrea Orlando che impone al giudice, quando la procura promuove appello contro una sentenza di assoluzione, di riaprire l’istruttoria dibattimentale. Il presidente della Corte d’Appello Salvatore Giardina, che andrà in pensione a ottobre, non farà in tempo ad ascoltare testimoni e consulenti già sentiti in primo grado. Così, bisognerà ripartire da capo. Nuovo collegio e processo rinviato a data da destinarsi.
Che la strage di Natale avesse matrice mafiosa era stato confermato dalle sentenze di condanna (ormai definitive) per il boss Pippo Calò, Giuseppe Misso, esponente della camorra napoletana e i suoi collaboratori Alfonso Galeota e Giulio Pirozzi. In quei processi, Giovanni Brusca e altri pentiti puntavano il dito su Riina come mandante della strage, disposta come risposta al maxiprocesso e realizzata dalla camorra.
L’inchiesta sul boss di Corleone era così finita a Firenze per competenza. Il processo, l’assoluzione in primo grado e poi l’appello del pm Angela Pietroiusti. Anche ieri Totò Riina ha seguito l’udienza in videoconferenza dall’infermeria del carcere di Parma dove si trova detenuto. È rimasto in silenzio dopo la decisione della corte. A parlare, il suo difensore Luca Cianferoni: «Si tratta di un rinvio imposto dal mutato quadro normativo, per il resto non c’è altro da dire».
La decisione è una batosta per le famiglie delle vittime che si sono costituite parte civile: «Siamo sconcertati, stupiti e sconvolti. Eravamo convinti di chiudere questa pagina dolorosa per noi e per tutta Italia», ha detto Rosaria Manzo, presidente dell’Associazione strage treno 904 — Questo continuo rimandare non fa che prolungare il nostro dolore. Incalza l’avvocato Danilo Ammannato che assiste alcune parti civili: «C’è grande sconforto, perché dopo tanti anni non si è ancora arrivati a nulla, ma si tratta di una legge dello Stato, c’è poco da fare. Purtroppo — continua il legale — c’è stata questa doppia coincidenza: la legge entrata in vigore il 3 agosto e l’imminente pensionamento del presidente». «Quando avremo la verità sulle stragi mafiose terroristiche eversive degli anni 90 se anche i ministri della Giustizia remano contro?» scrive la presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili Giovanna Maggiani Chelli. Intanto il ministro Orlando ha chiesto una relazione sul rinvio del processo.
La strage di Natale I familiari delle vittime: «Siamo sconcertati e sconvolti. Si prolunga il nostro dolore»