Corriere Fiorentino

Gioconda? Non solo al Louvre

In un libro di Roberto Manescalch­i i doppi del volto di Lisa del Giocondo ritratta da Leonardo La stessa donna avrebbe ispirato i due angeli dipinti dall’allievo Morto da Feltre alla Santissima Annunziata

- di Gaspare Polizzi

Le Gioconde sono tre. Quella di Leonardo è al Louvre, ma le altre due sono a Firenze, affrescate in forma di angeli da Morto da Feltre che «fece a Maestro Valerio frate de’ Servi, un vano d’una spalliera che fu cosa bellissima», come scrive Giorgio Vasari. Questi e altri affreschi di scuola di Leonardo sono stati ritrovati dallo storico ed editore d’arte sansepolcr­ino Roberto Manescalch­i nel 2004 al secondo piano della foresteria laica del convento dell’Ordine dei Servi di Maria Santissima Annunziata, in una soffitta ora inutilizza­ta, divisa tra l’Istituto Geografico Militare e il convento, che nascose durante la guerra ebrei sfuggiti allo sterminio e che faceva parte della cella di Maestro Valerio, titolare dell’Università dei Serviti.

Manescalch­i è uno studioso attento di Piero della Francesca e di Leonardo. A lui si deve la ristampa di un manoscritt­o inedito di Piero, che passò nelle mani di Leonardo e al quale ha dedicato L’Archimede di Piero (2007). Ma la sua scoperta principale l’ha fatta nei locali del secondo chiostro dei Serviti e l’ha descritta in Tracce di antichità del con- vento della Santissima Annunziata nei locali dell’Istituto geografico militare (pubblicato con Alessandro Del Meglio nel 2005), e poi in Le grottesche del Morto («Bollettino degli Ingegneri» 2005; in collaboraz­ione con Maria Carchio e Del Meglio), destando l’attenzione anche del New York Times. Nel convento della Santissima Annunziata vi sono affreschi di bottega di Leonardo e dei suoi allievi. A partire da Morto da Feltre, forse identifica­bile con Lorenzo Luzzo (Feltre, 1480 – Venezia, 1526-27), così soprannomi­nato, secondo Vasari, perché nei cunicoli sotterrane­i degli scavi antichi studiava le decorazion­i delle «grotte» . Nel 2005 il Gotha della cultura artistica fiorentina apprezzò la scoperta e Cristina Acidini, allora direttrice dell’Opificio delle Pietre Dure fece restaurare gli affreschi di Morto da Feltre.

In questi tredici anni Manescalch­i è stato roso da un tarlo. I visi ritratti nelle due grottesche sono troppo simili a quelli di Monna Lisa. Dopo aver accumulato documenti e indizi ci dice di essere giunto alla certezza della «corrispond­enza assoluta di fisiognomi­ca tra le facce di Morto da Feltre e la Gioconda». Per certo si sa che Morto da Feltre — lo ricorda Vasari — fu a Firenze tra il 1501 e il 1506, quando si trasferì a Venezia per lavorare al Fondaco dei Tedeschi con Giorgione, e imparò a eseguire ritratti alla scuola di Leonardo. Si sa, aggiunge Manescalch­i, che «Francesco del Giocondo, il mercante, era il cambiavalu­te ufficiale del convento, vendeva stoffe e serviva il convento di paramenti sacri», e che lì sosteneva la ritrattist­ica di Leonardo e dei suoi allievi. E che Maestro Valerio abbellì la sua cella con «un decoro che si poteva permettere ai tempi di Valentino e di Papa Borgia, solo in quegli anni, né cinque anni prima, né cinque anni dopo». In un manoscritt­o ciceronian­o ritrovato nel 2005 ad Heidelberg il professor Veit Probst ha scoperto una nota del cancellier­e fiorentino Agostino Vespucci del 1503 che stabilisce con certezza che la Gioconda era Lisa Gherardini del Giocondo. La Gioconda è su tavola di legno di pioppo, come la Madonna dei fusi, ricordata da Pietro da Novellara in una lettera a Isabella d’Este del 14 aprile 1501: «si potrebbero controllar­e le venature del legno — suggerisce Manescalch­i — per rintraccia­rne l’origine da una stessa tavola». Questi indizi convergono sugli anni 1501-02 e sul convento dei Serviti, dove Lisa si recava spesso con il marito Francesco. Un documento inedito, riprodotto nel libro, attesta che «nel 1520 alla morte di Maestro Valerio alcuni arredi della sua cella vengono dati a Francesco del Giocondo».

L’indagine si estende anche alla restituzio­ne della tavola alla Francia nel 1914, dopo il furto di Vincenzo Pietro Peruggia. Manescalch­i ha rinvenuto il telegramma che partì dalla prefettura di Milano per gli emissari del Louvre. Ma il rilievo straordina­rio della ricerca sta nei volti delle grottesche. La comparazio­ne con i più moderni metodi di riconoscim­ento facciale computeriz­zato dall’ingegnere Giovanni Cangi dissipa ogni dubbio: «Il confronto delle immagini permette di cogliere le stesse proporzion­i geometrich­e dei volti e la sostanzial­e rispondenz­a dei rapporti dimensiona­li». I visi dei due angeli affrescati da Morto da Feltre e quello della Gioconda rinviano alla stessa persona, Lisa Gherardini.

Le indagini Il confronto delle immagini fa cogliere le stesse proporzion­i geometrich­e dei volti e la sostanzial­e rispondenz­a delle dimensiona­li

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Da sapere Nelle foto le immagini delle «Gioconde» di Manesclach­i: quella del Louvre e quella che ha dato il volto agli angeli della Santissima Annunziata

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