LE MEMORIE DI OGNI CITTÀ DOVE L’ITALIA S’INCONTRA
Michelucci e la Chiesa dell’Autostrada: «Operai e muratori venivano da tutte le regioni Creammo una comunità, ognuno portava le sensibilità del luogo di provenienza»
La città è nata dal ragazzo
C’è una cosa vera, verissima: la città è nata dal ragazzo! Io, della mia città, di Pistoia, ricordo quando ci rincorrevamo nella piazza del Duomo, quando si usciva dalla scuola e ci picchiavamo, ci tiravamo dietro le cartelle… Io quei momenti li ho scritti ancora dentro; quei momenti fecero nascere in me, senza esserne ancora cosciente, il senso della città: i ragazzi che si rincorrono, che si picchiano, che tirano le cartelle e che da questo contatto con gli spazi della città cominciano a gustarne il senso. Ma contemporaneamente il senso della città sta in quel pozzo che è in mezzo alla piazza, in quei giardini, in quella chiesa, in quel palazzo, in quel sedile del giudice che si trova dietro alla balaustra. Oggetti che hanno un significato che può comunicare ai ragazzi uno stato d’animo di paura o di felicità.
Il monumento più bello del mondo
Una sera io ero in Piazza del Duomo a Firenze insieme a Le Corbusier. Con Le Corbusier si girava intorno al Battistero lentamente lentamente, come assaporandolo, come scoprendolo per la prima volta. Si stava girando come se facessimo un gioco, un gioco attorno a questo capolavoro. Si girava e Le Corbusier per raggiungere un maggior effetto del gioco e portare dentro l’animo una felicità ancora più grande, andava lisciando i marmi e diceva: «Com’è bello, com’è bello». Una cosa commovente. Era l’imbrunire, l’ora meravigliosa di Firenze, c’era un cielo stupendo illuminato da un colore oro. E Le Corbusier che continuava a lisciare. Lui con i suoi novanta anni e il Battistero con tutti i secoli della sua storia. Era una di quelle serate in cui non c’è che da mettersi in ginocchio e dire: «Indubbiamente ci deve essere una legge che porta l’uomo fuori da una strada brutta, quella che segue quotidianamente, per andare alla ricerca di quella bella, quella dove c’è tutta la natura». A un certo punto Le Corbusier si fermò e disse: «È il monumento più bello del mondo». Io lo capii. Aveva ragione. Ce ne sarà un’altra cinquantina di monumenti altrettanto belli, ma quello, in quella sera, in quel tramonto, in quella data là, era il più bello del mondo. Non c’era da negarlo.
In gita coi ragazzi delle elementari
Io vado volentieri in giro per le città coi ragazzi, anche con quelli delle elementari, a far sperimentare loro cosa è la città, cosa vuol dire veramente la vita della città. Una volta li portai a Siena. Arrivati in Piazza del Campo così parlai ai ragazzi: «Per un’ora la piazza è vostra, sdraiatevi sull’ammattonato, girate, andate sulla fontana, prendete i piccioni, fate quello che vi pare, io non ho nulla da dirvi, parleremo dopo». Dopo questo primo tempo, li portai a fare un giro per vedere le colline d’intorno, quindi ritornammo nella piazza per andare nelle stanze dove sono i grandi pittori: Duccio e Lorenzetti. Volli far notare loro una sola cosa: la profonda relazione fra il dipinto e la natura di Siena, la campagna che penetra nella città e la città che si espande nella campagna. Nel museo c’era anche un maestro coi suoi scolari ai quali spiegava tutte le cose possibili e immaginabili: quando era nato il pittore, quando era morto, cosa aveva fatto, quanti figlioli aveva, quanti non ne aveva… Per cui i ragazzini se ne andavano chi di qua, chi di là e naturalmente non lo stavano ad ascoltare…
Credo ancora nella fiaba. È una forma di immedesimazione con ogni specie di vita Con Le Corbusier si girava intorno al Battistero lentamente, come assaporandolo