Corriere Fiorentino

Carriole, vanghe, stivali e sudore Livorno si scrolla l’acqua di dosso

Tutti in strada a spalare insieme: «È come andare allo stadio, ma con i secchi invece delle sciarpe»

- Jacopo Storni

Stringe tra le mani una bottiglia di vino rosso, come fosse un’antica reliquia da conservare. «Almeno questo siamo riusciti a salvarlo». Poi cerca un cavatappi, apre uno dei cassetti stracolmi di fango. Mancano però i bicchieri, galleggian­o nella melma insieme al resto della cucina. Roberto non demorde: «Vorrà dire si berrà a boccia».

Il disastro di Livorno è anche questo. È una città che cerca di reagire, anche con l’ironia e l’arte di arrangiars­i. Pale, guanti, spazzoloni, picconi, rastrelli. Roberto esorcizza la paura col sorriso. Ma non è l’unico. Succede dappertutt­o, lungo queste strade di fango e devastazio­ne. Succede a Montenero, una delle frazioni più sfigurate. Flavio guarda attonito il suo ristorante, pizzeria «La Terrazza». L’arredament­o interno è diventato immondizia. Arpiona sedie e tavoli e li butta in mezzo a piazza delle Carrozze. Si asciuga il sudore con il polso. Si ferma un istante, si guarda attorno. Poi ride, quel sorriso sotto i baffi tipicament­e livornese. Acciglia lo sguardo: «Boia deh, guarda che casino». E giù un’altra risata. «Se non rido, mi ammazzo. Te cosa sceglieres­ti?».

Stessa catastrofe — e stessa atmosfera — all’Ardenza. Il torrente ha spazzato via tutto. Nessuno piange, nessuno urla. C’è dignità, compostezz­a. Qualcuno se la prende con i torrenti tombati, puliti male. Ma la rabbia è marginale. C’è una montagna di quattro automobili accatastat­e: «Boia, sembra “Shanghai”, ti ricordi quel giochino coi bastoncini?». Viene da chiedersi come sia possibile, in momenti come questi, trovare la forza del sarcasmo. Eppure è così. Il bulldozer trascina una macchina fuori dal fango. Arriva il proprietar­io e dice: «Oh ragazzi, giù le mani dalla mia auto». È uno scherzo, e tutti ridono. Poi però si torna seri, instancabi­li, tenaci. Increduli. C’è un esercito di spalatori lungo le strade. Oltre 400 volontari. Arrivano da tutta la regione. Protezione Civile, Misericord­ie, Anpas, Caritas, Croce Rossa. Sette squadre da Parma e Reggio Emilia. Pronti a partire dalla Protezione civile del Veneto. E poi studentess­e universita­rie, come Chiara, Margherita, Sara. Si sporcano le mani. Al ferramenta Ardenza c’è la coda. «Oggi prezzi speciali, un nostro dipendente è andato a Firenze a fare rifornimen­to di guanti e spazzoloni».

Lungo le strade, è un andirivien­i di persone con i secchi. A piedi, sopra le auto, in motorino. «È come andare allo stadio, al posto delle sciarpe portiamo i secchi». Livorno è un’altra città. Cento paracaduti­sti della Folgore sono diventati spalatori. Gli anfibi immersi nella melma. «Ardenza è casa nostra» Hanno la caserma a pochi passi da qui. E poi ci sono i profughi, cinquanta richiedent­i asilo che rimuovono macerie dai garage di via San Martino. Sono ospiti all’ex hotel Atleti, sono nigeriani e senegalesi: «Siamo stati colpiti da questa tragedia, vogliamo essere utili anche noi». I livornesi ringrazian­o. Chiusi molti negozi. Serrati ristoranti, macellerie, edicole, fabbriche. Come quella di Kevin, poco più che ventenne. «Faccio l’operaio ma la mia fabbrica è allagata. Quindi sono venuto a Montenero per spalare il fango». Anche grazie a lui, la posta del paese ha riaperto in tempi record. Uomini e donne, giovani e anziani che diventano angeli del fango. Tutti in soccorso di tutti. «Livorno ha un cuore grande così» dice Claudia al circolo Arci di Salviano, mentre continua a sfornare penne al pomodoro da servire ai tavoli della casa del popolo, diventata mensa per i volontari, mentre «Johnny Paranza» serve fritti gratis. «Oggi ho preso libero dal lavoro» dice un ragazzo di 30 anni.

Simona intanto ha perso tutto. La sua casa, nelle colline a sud della città, è un ammasso di macerie. Ci sono le fotografie del matrimonio, quelle del battesimo del figlio, quelle dell’albero di Natale. E montagne di libri, fumetti, quaderni. Tutto da buttare, ammassato sull’uscio di casa, in attesa della discarica.

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(foto Berti/Sestini) Un gruppo di volontari si passano i secchi pieni di acqua e fango
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In strada sono scesi tutti i livornesi. Ognuno utilizza quello che ha a disposizio­ne per liberarsi dal fango

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