Quel tetto staccato dalla furia dell’onda «Inutili gli Sos»
Si cammina a fatica, con il fango che arriva a mezza gamba. È un rivolo limaccioso, che scorre lentamente verso il basso di via Fontanella, verso il punto dove è stata costruita la villetta fino a sabato scorso abitata da Raimondo Frattali e dalla sua famiglia. Pochi minuti prima delle cinque di domenica 10 settembre, proprio in quel punto, lo tsunami del Rio Forcone ha raggiunto l’altezza di due metri e mezzo. O forse più. La moglie, la figlia e il genero dell’uomo sono riusciti a salire sul tetto. Lui è rimasto imprigionato, fermo e atterrito al buio mentre l’acqua saliva dapprima piano, poi sempre più velocemente. Il torrente gli è entrato in casa dalle porte e dalle finestre, fino a premere contro il soffitto. La pressione è stata tanta e tale da staccare il tetto dalle pareti esterne. Lo dimostrano le crepe larghe due dita, che corrono lungo il perimetro esterno, proprio sotto allo spiovente. Poi l’ondata di piena è diminuita d’intensità, il tetto ha resistito.
Così si sono salvati i familiari di Raimondo Frattali, circondati dall’acqua, sotto il nubifragio, nel buio totale e con il terrore che il tetto dove si erano rifugiati venisse portato via o fosse sommerso dalla piena. «Abbiamo sentito invocazioni d’aiuto, ci siamo attaccati al telefono senza alcun risultato — racconta un vicino di casa, Maurizio Paoli —. Alla fine hanno risposto al 118 e gli abbiamo detto che c’era gente che stava morendo». Ma nel disastro della terrificante notte livornese, nessuno sapeva dove correre prima.
Quando il livello dell’acqua si è abbassato, i parenti di Frattali sono riusciti a raggiungere la casa di alcuni vicini. La loro, una bella villetta curata nei particolari, ora è ridotta a un rudere melmoso dove ha trovato la morte chi l’aveva costruita con sacrificio e passione.