L’ex premier capolista in almeno tre regioni La sfida: contiamo i voti
Renzi capolista a Palazzo Madama in Toscana, Lombardia e pure in un’altra regione: ecco la strategia per costringere anche gli altri «big» del partito a mobilitarsi sul territorio, per andare a caccia di preferenze. «Hanno voluto tenere il Senato. Ecco: allora io mi candido. A Arezzo». È con queste parole, seppur ambigue visto che per il Senato c’è un collegio unico regionale, che il segretario dem ha ufficializzato che alle prossime elezioni correrà per Palazzo Madama, cioè la Camera che l’ex presidente del Consiglio avrebbe abolito se il risultato del referendum gli fosse stato favorevole. Renzi, domenica, ha scoperto le carte durante un incontro pubblico ad Arezzo, città dove le ripercussioni sui risparmiatori di Banca Etruria sono state più forti. «Voi qui sapete come sono andate davvero le cose», ha detto il segretario dem ai presenti in sala, mentre fuori un gruppo di obbligazionisti vittime del «Salvabanche» lo aveva contestato.
Quanto ad Arezzo, al di là dei legami familiari, Renzi ha evidenziato che è la provincia d’Italia «dove si è preso più voti al referendum» e quella «dove prendo più voti quando faccio le primarie». Tutti riferimenti per tentare di ricucire, per quanto possibile, la drammatica lacerazione politica (sponda Pd) provocata su quel territorio dal crollo di Banca Etruria, acuito dal coinvolgimento di Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente della banca e padre dell’ex ministra Maria Elena.
Renzi, quindi, non essendoci per Palazzo Madama il collegio «Arezzo», si candiderà capolista in Toscana, collegio unico. È una mossa con un Avviso ai lettori: la pagina del «Lungarno» tornerà domani obiettivo preciso: far sì che anche gli altri esponenti di peso facciano altrettanto. Mettendosi in gioco per tentare di conquistare più preferenze possibili. Il segretario del Partito Democratico, ad esempio, si aspetta che lo segua anche il ministro Dario Franceschini, leader di Area dem, corrente di peso sul territorio e con molti voti di area ex Dc-Margherita e che, negli ultimi tempi, in più occasioni è entrata in rotta di collisione con il segretario ed il suo braccio destro, Luca Lotti.
Renzi, insomma, al di là delle battaglie interne invita tutti i «big», in particolare quelli critici, a misurare il proprio peso a suon di preferenze. La strategia renziana non si limita però ad una competizione di voti personali, ma ha anche l’obiettivo, inevitabile, di costringere i candidati a mobilitarsi nella rispettiva regione, evitando l’effetto di adagiarsi sugli allori.
L’elezione sicura, a meno che la legge elettorale venga ritoccata in Parlamento, è infatti riservata ai capolista bloccati per la Camera, nei cento collegi in cui è suddivisa l’Italia. Qui non serviranno i voti ed il segretario del Pd riserverà questi posti a molte facce nuove della società civile che magari in pochi conoscono. Tra questi, anche se il personaggio è assai noto, ci sarà quasi sicuramente l’avvocato Lucia Annibali, che dopo essere stata sfregiata con l’acido (con il suo ex fidanzato come mandante), ha lavorato a lungo con la sottosegretaria Boschi per redigere il piano di Palazzo Chigi contro la violenza sulle donne.
E tra gli interrogativi al momento più rilevanti ci sono anche le modalità con le quali sarà ricandidata l’ex ministra delle riforme. Sarà blindata, ed eletta sicuramente alla Camera, con un posto da capolista, oppure Boschi accetterà la sfida (ed i rischi) di misurarsi con le preferenze?