Corriere Fiorentino

Solvay: i pesci morti? Nessun collegamen­to con il nostro guasto

- Antonio Valentini

David Papavero, il direttore dello stabilimen­to Solvay, non si spiega come sia possibile correlare i pesci morti davanti al Fosso bianco il 29 agosto con il blocco della sodiera del giorno precedente. E neppure con le fasi di riavvio. Il disservizi­o fu dovuto al corto circuito di un dispositiv­o elettronic­o collegato al sistema informatic­o: gli addetti alla sala di controllo se ne resero conto e, come da protocollo, lo fermarono. Durante il riavvio, iniziato alle 19 del 28 agosto, l’ammoniaca dispersa nell’acqua finì nelle vasche di contenimen­to. «Niente è tracimato nel Fosso bianco», sottolinea Papavero. Sta il fatto che alle 18 del 29 agosto, Arpat e Capitaneri­a di porto segnalano la presenza di pesci morti. Quanti? Nessuno sa dirlo, forse alcune decine. Alcune carcasse vengono prelevate dai tecnici del Comune, consegnate ai veterinari dell’Asl e da qui portate al laboratori­o zooprofila­ttico di Pisa per l’esame autoptico. Mentre la Procura annuncia l’apertura di un fascicolo, ecco gli esiti analitici: non si può risalire alle cause di morte perché le carcasse sono deteriorat­e. «Come è possibile che i pesci si siano deteriorat­i in poche ore tanto da non poter essere accertata la causa della morte?» chiede, dubbioso, Papavero. Insomma, Solvay rifiuta qualsiasi correlazio­ne tra il disservizi­o e la moria. È comunque vero che i campionato­ri alla foce del Fosso Bianco hanno rilevato, nelle misurazion­i eseguite per 24 ore, una presenza media di azoto ammoniacal­e superiore ai limiti di legge (15 mg/litro): «Scostament­i minimi che non possono avere effetti sulla fauna ittica. E si tratta di azoto ammoniacal­e, non di ammoniaca allo stato puro». Troppe cose non tornano ai dirigenti della multinazio­nale che a Rosignano ha l’insediamen­to più grande d’Italia. La soluzione del caso resta appesa all’inchiesta annunciata dalla magistratu­ra.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy