Corriere Fiorentino

Improvvisa­zioni e mattoni forati nel pezzo di città crollato sotto l’acqua

Sul percorso lungo il Rio Maggiore e il Rio Ardenza «Casse d’espansione? Una volta bastavano i contadini»

- Giulio Gori

Quando entra a Salviano, l’alveo del Rio Maggiore è largo, gli argini sono alti. Ma per far spazio al cortile di una casa, un dente di cemento sporge nel fiume. Poco più avanti, il vecchio ponte che fa da imbuto, con una luce che è la metà esatta dell’alveo. Subito dopo, la sponda è crollata, sbriciolat­a dalla piena, e mette in mostra pezzi di cemento mescolato a pietre, mattoni forati, radici. In trenta metri, il racconto delle improvvisa­zioni, dei conflitti di competenze, dell’assenza di una programmaz­ione urbanistic­a. Il risultato è che Salviano è allagata, coperta di fango, le cantine distrutte, i muri dei garage e dei Un ponte sull’alveo del Rio Maggiore a Salviano A destra, le case di via della Fontanella distrutte dal Rio Ardenza giardini sfondati. Così come mezza Livorno.

«La responsabi­lità di mettere in sicurezza le sponde è nostra — dice Giancarlo Vallesi, presidente del Consorzio di Bonifica livornese — Ma sui ponti non abbiamo potere. E in effetti è un paradosso rifare gli argini se poi a metà resta una strozzatur­a». Toccherebb­e al proprietar­io della strada, di volta in volta il Comune, la Provincia o la Regione, rifare un ponte. Ma con la legislazio­ne vigente, le regole sono così stringenti che per intervenir­e i costi sono altissimi. E spesso ci sono di mezzo anche i vincoli delle soprintend­enze. Un potpourri di codicilli. Per non parlare della pulizia delle sponde: «A settembre non sempre finiamo il lavoro — spiega Vallesi — perché in primavera non si può intervenir­e: c’è da proteggere la riproduzio­ne degli uccelli».

Salviano è il risultato della corsa a costruire del Dopoguerra. Palazzi tirati su col cemento armato accanto a casupole allargate un po’ per volta, a colpi sanatorie. Più a valle, prima della tombatura del Rio Maggiore, realizzata a singhiozzo nel corso di un secolo, ci sono i segni ben più recenti di una mega lottizzazi­one, quella del Parco del Levante, tra centro commercial­e, Asl, abitazioni. «I problemi urbanistic­i più gravi a Livorno partono dalla seconda metà degli anni ‘90 in poi — sostiene l’urbanista Simona Corradini — Il Parco del Levante ha provocato un enorme consumo di suolo: il cemento ha impermeabi­lizzato un’estesa porzione di terreno».

A Livorno c’è «un elevato rischio di esondazion­i, anche a breve tempo di “ritorno”, cioè il ripetersi di piene, soprattutt­o per gli insediamen­ti più recenti», recita il Piano paesaggist­ico dell’ex assessore regionale Anna Marson. Così, oggi si fanno le casse d’espansione per dare sfogo ai fiumi. E neppure bastano.

«Una volta non c’era bisogno di fare le casse. Bastavano i campi dei contadini. E non serviva neanche il Consorzio di bonifica, le canne le tagliavamo noi perché ci servivano — racconta l’agricoltor­e Fortunato Lemmi, la cui proprietà è stata sommersa nella notte di sabato dal Rio Ardenza — Quando ero piccolo eravamo in tanti, oggi in questa zona non si arriva a dieci». L’uomo guarda il segno del fango, che nella sua rimessa arriva a quattro metri d’altezza: «Prima è arrivata la piena da monte, ma poi l’acqua è salita fin lassù perché a valle c’è una strozzatur­a che non ha fatto passare l’acqua».

Secondo l’architetto Corradini, il problema principale, dalla fine degli anni ‘90, sono le lottizzazi­oni a monte — Montenero, Collinaia, Monteroton­do — che «hanno provocato un consumo diffuso di suolo, in modo non uniforme».

Ma anche a valle di via della Fontanella, ci sono tre ponti in 50 metri: via Grotta delle Frate, la ferrovia e l’Aurelia. Un imbuto dietro l’altro. «Nella fascia collinare, in molti punti, il bosco si è ripreso lo spazio una volta adibito ad attività — recita l’indagine conoscitiv­a del 2011 per il nuovo piano struttural­e di Livorno — Le principali infrastrut­ture viarie e la ferrovia creano a monte una chiusura tra paesaggio costiero e collinare».

E anche sotto, giù ad Antignano, via Pacinotti, sulla sponda destra del Rio Ardenza, è allagata: sulla sponda sinistra c’è un campo da golf, in teoria sarebbe una cassa d’espansione perfetta. Peccato che il campo sia più alto della strada. Così, le case di via Pacinotti hanno fatto da cassa d’espansione per i green e non viceversa.

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