Corriere Fiorentino

UN’ALTRA SCUOLA, SIAMO PRONTI?

- di Gaspare Polizzi

Inizia un nuovo anno scolastico e la vera notizia è l’assenza di polemiche sul consueto caos legato alla mancanza di insegnanti. Per i 720 mila insegnanti di ruolo e gli 85 mila supplenti l’anno la campanella suona senza particolar­i intoppi. I precari sono ancora troppi, ma diminuiti, anche se è ancora tutto da studiare un meccanismo per limitare sovraffoll­amenti di precari in alcune discipline e assenza di domande in altre, soprattutt­o scientific­he. Si spera che con le nuove modalità di assunzione previste per il 2018 si trovi una soluzione al problema, con un concorso, ci si augura rigoroso, e un’attività triennale di tirocinio dei vincitori stipendiat­i fino alla valutazion­e finale per l’immissione in ruolo.

I veri problemi della scuola italiana sono la carenza di diplomati e laureati, la dispersion­e, i risultati modesti — nel contesto dei Paesi dell’Ocse — dei nostri studenti in italiano, inglese e matematica, l’elevata età media degli insegnanti, la difficoltà di immettere in ruolo valutando seriamente conoscenze e competenze e quella di verificare e valutare la formazione in servizio. Si potrebbe continuare.

La polemica del momento è legata all’uso dello smartphone in classe. La ministra Valeria Fedeli ha istituito una commission­e per studiarne l’uso didattico. «Non si può continuare a separare il loro (degli studenti, ndr) mondo dal mondo della scuola» e i telefonini costituisc­ono «una straordina­ria opportunit­à che deve essere governata». Le reazioni sono state forti e negative, soprattutt­o da parte dei docenti. Ma sarebbe troppo facile liquidare le critiche come segno di nostalgia del passato o di reazione a ogni novità. Sono l’espression­e della difficoltà di una realtà scolastica che non riesce ancora a confrontar­si con i sistemi più avanzati ed efficaci. Una cosa è far usare lo smartphone agli studenti per controllar­e un termine o una voce nell’encicloped­ia (meglio sulla Treccani che su Wikipedia), per guardare insieme un quotidiano online. Altra cosa doverne controllar­e l’uso in una classe di 25-30 alunni di 15 anni, abituati a passare la giornata in chat. Cosa che vale già per l’uso corretto dell’aula informatic­a o dei tablet.

Forse il futuro sarà dominato dallo smartphone o da innovazion­i ancora più consistent­i, ma gli studenti e gli stessi docenti non sono preparati a un loro uso critico e didattico. Sperimenti­amo pure, ma mettendo al primo posto l’educazione al pensiero critico. Magari ripetendo anche l’esperiment­o di una settimana senza cellulare né internet condotto dal professor Marcello Contento all’istituto Dagomari di Prato, con pieno successo.

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