TUTTO MARINO VIAGGIO NEL NOVECENTO
Cavalieri, nudi femminili, ritratti, giocolieri: Palazzo Fabroni celebra l’artista E lo mette a confronto con altri maestri come Rodin, Moore, Manzù Il dialogo continua al Palazzo del Tau che espone le opere dell’amico Mirò
Con Passioni visive, la mostra di Palazzo Fabroni, Pistoia omaggia uno dei più grandi artisti a cui ha dato i natali e, al contempo, la scultura del ‘900. Ma non si tratta di un evento puramente celebrativo: il piano superiore del museo, che ospita l’allestimento curato da Flavio Fergonzi e Barbara Cinelli, è infatti sede di un cortocircuito voluto tra le opere di Marino Marini e altre, appartenenti al passato oppure ai suoi contemporanei, nel tentativo riuscito di ricollocare l’artista nel continuum della storia dell’arte internazionale. Dieci le sezioni tematiche, che accolgono opere di Marini dagli anni ‘20 agli anni ‘60, confrontandole di volta in volta con i modelli a cui lui aveva avuto accesso e che offrono una rara occasione di vedere da vicino sculture quali un Pugile del ‘35 seduto all’angolo del ring o due dei primi tre cavalieri realizzati negli anni ‘30. «Volevamo spingere il visitatore a una sorta di ginnastica visiva in nome di un linguaggio complesso quale la scultura, che oggi non è facile da decriptare», spiega Fergonzi, che aggiunge: «Volevamo raccontare i momenti più significativi della scultura del ‘900, confrontandoli con il passato: perciò ogni sala, dove le opere più importanti di Marini vengono continuamente interrogate, racconta una storia». L’intento è offrire una mostra di ragionamento e a tal proposito il titolo è esplicativo, perché «trasmette a tutti i tipi di pubblico l’idea che la storia dell’arte è una passione specifica – precisa Cinelli – e che l’artista, in quanto autore di immagini, non teme il confronto con i predecessori».
Dai giocolieri alle pomone, dai ritratti agli immancabili cavalieri, fino alle sfide formali del secondo dopoguerra, le tappe della vicenda artistica di Marini ci sono tutte. Grazie a diversi prestiti fortunati (tra gli altri, dal Bargello e dal museo del Novecento di Milano), Passioni visive offre una panoramica di quello che può essere considerato un repertorio comune di immagini, a cui Marini, come altri artisti, avrebbe attinto nelle varie fasi della sua ricerca. Le 11 sale ricostruisco-
no dunque un dialogo serrato tra lo scultore pistoiese e gli antichi – dall’esordio arcaista, testimoniato dall’affiancamento tra Popolo del ‘29 e un coperchio di cinerario etrusco, fino al confronto con il gotico – ma anche con nomi quali Rodin, Manzù, Richier, Moore e Martini. Contemporaneamente, la Fondazione Marino Marini (che promuove la mostra insieme alla Fondazione Guggenheim di Venezia) propone nel vicino Palazzo del Tau un’altra mostra, I colori del Mediterraneo, in cui stavolta è la pittura di Marini a essere protagonista e affiancata a quella del contemporaneo Mirò. Entrambe le mostre inaugurano oggi e restano visibili fino al 7 gennaio.