Un restauro, un no alla mafia
Domani a Boboli la cena per il quadro ferito L’ex procuratore capo Quattrocchi: andrò a rivederlo agli Uffizi con gli studenti
La chiama la «stradina». Lui può. Perché Giuseppe Quattrocchi, ex procuratore capo di Firenze, ha un legame fortissimo — suo malgrado — con via dei Georgofili e con le vicende che l’hanno vista protagonista. Per questo non ci ha pensato un attimo a sostenere «Cultura contro terrore», la campagna di crowdfunding di Gallerie degli Uffizi, Corriere Fiorentino e Banca Del Vecchio per restaurare I giocatori di carte di Bartolomeo Manfredi, l’ultima opera ancora da recuperare tra quelle ferite dalla bomba mafiosa del 1993 ai Georgofili. Un legame, il suo, fatto anche di volti amici che non ci sono più: «Se potessi vorrei che il prossimo 27 maggio, quando grazie alla vostra iniziativa il quadro tornerà al suo posto, ci fosse anche Gabriele Chelazzi (il magistrato, scomparso nel 2003, che con Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi, lavorò all’inchiesta sulla strage, ndr), al di là delle diagnosi mediche (fu stroncato da un infarto, ndr) io sono convinto che per cercare di ricostruire ciò che è successo abbia dato la vita». Per lui e non solo Quattrocchi crede nel progetto di restauro: «Questa operazione è importante perché tutti i singoli che accettano di contribuire anche con un soldino lo fanno perché sentono che è finalizzato non a una mera attività di restauro, ma a un tentativo — secondo me riuscito di dare una forma plastica di ricordo di ciò che è accaduto. E non solo, anche di ciò che non è accaduto, perché se quel Fiorino imbottito di tritolo fosse stato parcheggiato solo 20 metri più il bilancio sarebbe stato ancora più grave».
Insomma, un memento, un modo fisico per non dimenticare: «Un tributo agli sforzi delle istituzioni — continua Quattrocchi —e a quanto fanno per mantenere vivo il ricordo di quanto è accaduto. Non è un’impresa facile, sa? Io da 44 anni giro le scuole e resto sconcertato dal fatto che i ragazzi non hanno cognizione di cosa sia successo e perché». Ma Quattrocchi di questo non fa un rimprovero: «Sono talmente giovani che non hanno vissuto quella stagione, non è certo colpa loro, in alcuni casi i loro stessi genitori non ricordano. Anche per questo forse ogni 27 maggio alle 1,04 quando ci muoviamo in corteo da Palazzo Vecchio verso via dei Georgofili per il tributo alla famiglia Nencioni e a Dario Capolicchio, le cinque vittime della strage siamo sempre meno. E un’iniziativa come quella del restauro è importante per ricostruire il ricordo. Ecco, sì, vorrei che la risposta fosse di popolo a questo invito a partecipare, perché significherebbe che c’è la consapevolezza che stiamo restaurando la memoria. È un invito a fare della storia, perché quella strage è già parte della storia, qualcosa di proprio e per questo spero di avere la possibilità di guardare quel quadro con i ragazzi, ma- gari quelli che frequentano la terza media, che mi sembrano i più adatti per farsi testimoni».
Firenze, Quattrocchi lo sa bene, oltre ad essere ferita dal tritolo, rispose. Anche sul piano giuridico: «Il processo di Firenze — al di là dei dibattimenti celebrati altrove per giuste competenze territoriali — ha giudicato su tutte le stragi, ma quella stradina rappresenta il cuore della stagione stragista. Io per ultimo con Nicolosi e Crini ho ripreso tutta quella letteratura che sono le carte dell’inchiesta su via dei Georgofili. E con il contributo del pentito Gaspare Spatuzza che ha fornito nuovi spunti di indagine si è arrivati ad altri due ergastoli e a scenari che fanno pensare che ci sia, oltre a chi su quell’esplosivo ha messo le mani, qualcun altro che quelle mani le ha guidate».
Il magistrato scomparso Quando l’opera tornerà al suo posto, lì ci dovrebbe essere Gabriele Chelazzi: per trovare la verità lui ha dato la vita