Le regole variabili
Il via libera dei Cinquestelle agli indagati in lista Ma a seconda dei casi...
A una settimana dal voto online per scegliere il prossimo candidato premier del M5s, gli elettori del partito di Grillo conoscono finalmente le regole per votare Luigi Di Maio o Di Maio Luigi. Non c’è un vero duello (chi sono gli sfidanti?), non c’è un dibattito pubblico, se non quello che viene fuori dai retroscena dei giornali, pieni di malumori, malesseri, borbottii, ma niente di serio. Persino il bellicoso Roberto Fico pare non avere l’intenzione di mettersi contro il vicepresidente della Camera, che ambisce a sfidare il Pd di Matteo Renzi e il centrodestra per conquistare il governo.
Le regole appena pubblicate sul Sacro Blog contengono una clamorosa ipocrisia che i Cinque Stelle accettano pur di designare Di Maio come candidato: «Ai candidati a conoscenza di indagini o procedimenti penali verrà richiesto un certificato rilasciato ai sensi dell’art. 335 del c.p.p., nonché i documenti relativi ai fatti contestati ed una breve relazione illustrativa dei fatti con autorizzazione espressa alla pubblicazione di tali atti nell’ambito dello spazio riservato a ciascun candidato». Insomma, è possibile candidarsi anche se si è indagati o si hanno procedimenti penali in corso. Non male per un partito che ha preso milioni di voti invocando «onestà» e forche caudine per chiunque sia anche solo sospettato di aver commesso un reato.
Il Ms5, dopo aver capito che le nuove regole possono essere un boomerang, ha aggiunto un post-scriptum al Sacro Blog: «Non c’è nessuna nuova regola riguardante chi ha procedimenti giudiziari in corso: in base al codice etico del Movimento 5 Stelle gli indagati per fatti e comportamenti gravi, ancor prima che ci sia una sentenza della magistratura o addirittura ancor prima che ricevano un avviso di garanzia, vengono sospesi. Ciò esclude automaticamente la possibilità di una loro candidatura». Ma che cosa si intende per «fatti e comportamenti gravi»? Ah, saperlo. Le norme dei Cinque Stelle cambiano più del cielo d’Irlanda. Due anni fa Di Maio disse in un’intervista a La Stampa che basta essere indagato per non potersi più candidare: «Dipende dal tipo di reato. Se sei indagato per abuso d’ufficio sì. È un reato grave. Se sei indagato stai fermo un giro. Poi vediamo se la politica si decide ad accelerare i processi». Nel frattempo sono successe molte cose, compreso un avviso di garanzia per Virginia Raggi, anticipato da un codice di comportamento «garantista» votato online: «La ricezione, da parte del portavoce, di “informazioni di garanzia” o di un avviso di conclusione delle indagini non comporta alcuna automatica valutazione di gravità dei comportamenti potenzialmente tenuti dal portavoce stesso». Aggiustare le regole e poi dare la colpa agli altri è un’arte. Il primo destinatario del nuovo regolamento ad hoc per le candidature a presidente del Consiglio è proprio Di Maio, visto che ha due procedimenti in corso per presunta diffamazione. Recentemente, il partito del Casalgrillo ha addirittura rivendicato gli avvisi di garanzia, considerandoli una medaglia, come quelli ricevuti per l’inchiesta su Aamps dal sindaco Filippo Nogarin e dal suo ex assessore e oggi neoassessore al bilancio di Roma Gianni Lemmetti. Ciononostante, il M5s mantiene un tono burbanzoso. «Gli altri partiti — dice il M5s — che hanno candidato condannati per anni e che si sono presi i soldi di Buzzi, vogliono insegnare a noi la legalità. Gli consigliamo di tranquillizzarsi e di godersi il vitalizio che hanno percepito a partire da oggi, tanto quando andremo al governo lo taglieremo. I partiti non hanno né candidati né programmi, solo poltrone da salvare». A essere precisi, il vitalizio non esiste più e continuare a chiamarlo così serve solo a raccattare qualche voto in più. Dal 15 settembre i parlamentari hanno maturato il diritto ad avere una pensione di mille euro circa, calcolata con sistema contributivo, che incasseranno a partire dai 65 anni, ma non risulta che nessuno dei parlamentari a Cinque Stelle abbia presentato le dimissioni prima di quella data. «Chiederemo di dirottare i nostri contributi alle casse di appartenenza di ogni singolo parlamentare o all’Inps per chi non aveva aperta una posizione previdenziale prima di entrare in Parlamento». «Il M5s prova a rinunciare», titolava venerdì La
Stampa. «Prova». Pare di sentire le scuse di John Belushi nei
Blues Brothers: «Non ti ho tradito. Dico sul serio... Ero... rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un... terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia!».
Due anni fa Di Maio diceva: non candidiamo chi è sotto indagine Ora i grillini aprono le primarie anche agli indagati