Jamilah, 15 anni e un sogno: «Fare la parrucchiera»
Il racconto: «In Nigeria mi avevano promesso un lavoro, poi il barcone, le minacce e la strada»
«Forse stanotte dormirò su questo marciapiede». Era lo scorso 24 marzo e Jamilah vendeva il suo corpo. Viale Guidoni, il tribunale a pochi metri, il freddo della notte. Un’esplosiva parrucca rossa, le calze a rete, la minigonna, i tacchi alti. Un giubbotto fosforescente, e atroce richiamo per i clienti. L’asfalto come unica dimora: «Preferisco dormire lì, su quel marciapiede. Non voglio tornare dalla madame».
Così disse agli operatori dell’associazione Papa Giovanni XXIII. L’Unità di strada si fermò accanto a lei. Jamilah (nome di fantasia) cambiò subito espressione. Intravide la possibilità di salvarsi. «Ho 21 anni» disse ai volontari. Mentiva: ne aveva soltanto 15. Una bambina nigeriana strappata alla povertà di Benin City e destinata al mercato del sesso. Jamilah sperava di diventare una parrucchiera. Questo le promise alla partenza un’amica della madre. «Ti organizzo un viaggio in Italia. Pago tutto io». Era l’inganno della criminalità organizzata che fa leva sull’ignoranza delle periferie africane e nella cui trappola cadono tantissime ragazze. «A me sembrava un’opportunità da non perdere, anche mia madre era convinta». Così Jamilah lascia la Nigeria nel maggio 2016. Un viaggio lunghissimo attraverso il deserto: «Eravamo 40 tutti ammassati in un furgone, alcuni sono morti. Dormivamo in case abbandonate, mangiavamo poco». Nove mesi dopo, l’arrivo in Libia, la traversata del Mediterraneo, il gommone in mezzo al mare. Poi lo sbarco a Lampedusa, il trasferimento a Foggia, nel centro d’accoglienza. «Ho chiamato mia madre, la sua amica continuava a darmi istruzioni».
Dopo tre settimane nella struttura d’accoglienza, l’amica della madre si palesa a Foggia. «È venuta a prendermi, abbiamo proseguito in treno verso Firenze». Jamilah si ritrova in un appartamento con l’amica della madre, che viveva lì con i suoi figli piccoli e il compagno. Così scopre l’inganno, l’amica della madre è una madame, giovane donna al servizio della rete criminale nigeriana. «Mi ha detto che dovevo pagare un debito di 40 mila euro. E avrei dovuto farlo prostituendomi». La notte seguente è già per strada. Il sogno diventa incubo. Vorrebbe scappare, ma la madame minaccia: «Se scappi, uccidiamo tua madre». E quindi resta sul marciapiede. Fino a quando non arrivano i volontari dell’Unità di strada, pochi giorni dopo. Jamilah si fida. Sale sull’auto degli operatori di strada. Loro le prendono il cellulare, via la scheda e la batteria, per non essere rintracciata.
Si fermano dentro una parrocchia, Jamilah si toglie i vestiti. Estrae dalla borsetta una tuta e la indossa. Passa la notte, passano i giorni. Jamilah adesso vive in una struttura protetta. Teme per l’incolumità dei suoi genitori, ma per ora stanno bene. Gli telefona quasi tutti i giorni. Il suo incubo è finito. E il suo sogno è sempre lo stesso: «Fare la parrucchiera».
Liberata È stata convinta a fuggire dai volontari, adesso vive in una struttura protetta