Una data, un racconto
Tutti fermi, e al Franchi spuntarono gli alieni
I marziani e i dischi volanti erano di gran moda nei primi Anni Cinquanta, li vedevano da tutte le parti. Nel mese di ottobre del 1954, proprio negli stessi giorni in cui Ennio Flaiano pubblicava il racconto «Un marziano a Roma», volarono nel cielo di Firenze oggetti misteriosi che suscitarono grande emozione. Mentre nel racconto di Flaiano il marziano di nome Kunt — «alto, di portamento nobile, un po’ malinconico» — viene prima sommerso dalla curiosità e dalla popolarità per essere poi rapidamente snobbato e infine fatto bersaglio di una colossale pernacchia, a Firenze, dove non sbarcò nessun Kunt, gli Ufo, gli oggetti volanti non identificati, ebbero l’idea, se così possiamo chiamarla, di svolazzare sullo stadio durante una partita della Fiorentina.
Era una partita amichevole contro la Pistoiese, la domenica precedente una brillante squadra viola, che presto sarebbe diventata grandissima, aveva dato spettacolo sul campo della Spal, rimontando un gol degli avversari e vincendo infine per 3-1 con le reti di Pecos Bill Virgili, di Bizzarri ala di passo rapido, e del professor Gunnar Gren, come sempre in cattedra. «In vista della partita con l’Udinese », come si leggeva sui giornali di allora, la Fiorentina aveva programmato per il mercoledì un incontro amichevole con l’altra toscana Pistoiese e in quell’occasione il giovane portiere Giuliano Sarti avrebbe giocato per la prima volta titolare al posto di Nardino Costagliola, i cui voli per una «presa plastica» onoravano spesso la copertina del Calcio Illustrato. Ma ecco che alle 15.30, durante il secondo tempo della partita, comparvero nel cielo due oggetti volanti. E comparvero così bene che tutti se ne accorsero. L’arbitro interruppe la partita, i giocatori e gli spettatori tutti a guardare il cielo. Secondo la ricostruzione dei giornali dell’epoca gli «oggetti volanti» si spostavano velocemente in linea retta in direzione nord-sud e «apparivano rotondi e lucenti».
Un giornalista, testimone del fatto, li descrisse così: «Avevano una zona biancastra circondata da un bordo più scuro che sembrava ruotare vorticosamente». Passarono più di una volta, gli Ufo misteriosi, sul campo della Fiorentina poi si diressero verso Fiesole, tornarono indietro e sparirono verso nord. Oggi si può anche scherzare, dicendo che se ne andarono perché non erano interessati a un’amichevole, oppure si può ipotizzare che quel volo misterioso fosse il presagio di un avvenimento eccezionale (lo scudetto della Fiorentina) e che i veri Ufo sarebbero arrivati dopo pochi mesi e si sarebbero chiamati Julinho e Montuori, ma in quei giorni nessuno scherzava sull’impressionante argomento, tanto più che gli svolazzi degli oggetti misteriosi sulla città e sullo stadio furono accompagnati dalla bambagia. Una pioggia di bambagia. Uno studente che abitava in via Lungo l’Affrico riuscì, con l’aiuto di altre persone, a recuperare uno di questi misteriosi filamenti che era rimasto impigliato in un filo della luce. Il filamento, in pratica un ex fiocco di bambagia che aveva perso consistenza, venne con molta cura deposto in un tubetto di vetro e portato all’Istituto di Chimica Analitica dell’Università.
Dopo l’analisi microscopica, il lungo e circostanziato referto firmato dal professor Giovanni Canneri, concludeva che «in linea puramente ipotetica la sostanza esaminata nella scala microchimica potrebbe essere un vetro borosilicico». Le discussioni e le ipotesi proseguirono a lungo. Il professor Righini, direttore dell’Osservatorio di Astrofisica di Arcetri, fece osservare che quella bambagia poteva aver dato luogo a fenomeni di riflessione che erano stati scambiati per palloni e dischi volanti. Si parlò, in termini molto meno scientifici, ma quasi romantici, «di lana di vetro portata dal vento». Oppure di «paglia di vetro lasciata cadere da aerei per sperimentare un nuovo sistema antiradar».
Due giorni dopo, ovvero il 29 ottobre, gli oggetti misteriosi riapparvero e su La Nazione si lesse questo titolo: «Cade in Toscana nuova pioggia di vetro, mentre si segnalano ovunque dischi volanti». Le segnalazioni provenivano dalla Consuma, da Siena, da Arezzo e anche da Chiusi, Grosseto e Follonica.
La domenica, appena due giorni dopo la seconda ondata di avvistamenti, la Fiorentina giocò contro l’Udinese. La difesa era ormai indirizzata sulla via della celebrità. Era il blocco viola: Costagliola (il posto, poi, sarebbe stato di Sarti), Magnini, Cervato, Chiappella, Rosetta, Segato, una di quelle vecchie filastrocche calcistiche — quelle nuove subiscono i colpi implacabili del turn over — che hanno un posto d’onore nella memoria degli appassionati di calcio, i più aperti dei quali non si limitano alla loro squadra del cuore. Un amante del calcio – e amante è qualcosa di diverso dal tifoso – può, anzi dovrebbe, recitare con sicurezza almeno cinque celebri formazioni: il grande Torino, il Brasile campione del mondo del 1958, l’Ungheria di Puskas, un Real Madrid a piacere e un’Italia campione del mondo, con preferenza per quella di Bearzot. Questa è la raccomandazione, ma ognuno è libero di fare la propria lista.
Tornando alla partita postdischi volanti tra Fiorentina e Udinese, i viola vinsero senza difficoltà,con le reti di Bizzarri, Amos Mariani e Pecos Bill Virgili. Per l’Udinese segnò il biondino svedese Selmosson che passò poi alla Lazio e venne chiamato «Raggio di luna», quando i soprannomi dei calciatori profumavano di poesia e ispiravano, come in questo caso, le commedie musicali. «La padrona di Raggio di Luna» di Garinei e Giovannini, con Delia Scala protagonista, ebbe un grande successo.
Anche sui soprannomi avrei poi da ridire: va bene «Rombo di tuono» per Gigi Riva, ma per Nibali non si poteva fare qualcosa di meglio piuttosto che chiamarlo «Lo Squalo dello Stretto»?
Chiusa la divagazione, torniamo alla domenica in cui si giocò Fiorentina-Udinese nel disinteresse degli Ufo, impegnati altrove. Qualche mamma, tra dischi volanti e partita di calcio avrò certamente imposto al figlioletto un «oggi non esci» senza appello. E allo stadio? Dicono che il pubblico ogni tanto guardasse all’insù.