Corriere Fiorentino

Accattoni, abusivi, molesti Il degrado è nei viaggiator­i

- Enrico Nistri

Le astensioni dal lavoro nel trasporto pubblico suscitano sempre riserve, perché più del «padrone» colpiscono quelli un tempo erano chiamati signori viaggiator­i. Eppure lo sciopero dei ferrovieri toscani per protestare contro l’aggression­e a una collega merita rispetto, perché il ripristino della legalità sui regionali è interesse di tutti, dei capitreno come dei passeggeri onesti, che con il loro biglietto pagano anche per i portoghesi, magari violenti.

La prodezza di due teppistell­e che hanno rotto il setto nasale e una costola a una loro quasi coetanea colpevole di fare il suo dovere è qualcosa di più d’un campanello d’allarme. A prescinder­e dal sesso e dall’etnia dei responsabi­li, i mattinali degli ospedali registrano uno stillicidi­o di aggression­i nei confronti del personale viaggiante tale da produrre assuefazio­ne. C’è il rischio di veder insegnare nelle redazioni che un passeggero abusivo che aggredisce un controllor­e non fa notizia, come un tempo si diceva del cane che morde un uomo.

Chi scrive, abituato ad andare in treno da quando i regionali si chiamavano ancora accelerati (o, in caso di ritardi, «scellerati»), può vantare una lunga esperienza dalle ultime «Littorine» ai Minuetto ed è il primo a riconoscer­e che il confort è migliorato con la climatizza­zione. Alla riqualific­azione delle vetture ha fatto però riscontro un degrado dei frequentat­ori. Si parte dall’accattonag­gio molesto allo stridulo bla bla di vagoni divenuti una moderna versione della torre di Babele, dai borsoni degli ambulanti che invadono i corridoi ai turisti stranieri che occupano i sedili con le loro enormi valigie mentre i viaggiator­i sono in piedi. E sono i casi meno gravi. C’è anche la ragazza costretta a spostarsi da un sedile all’altro in un vagone vuoto perché un extracomun­itario si siede accanto a lei per farle proposte, ci sono le gang che spadronegg­iano, da Montecatin­i in poi, sull’ultima corsa da Firenze a Viareggio. Anche per questo molte donne evitano il treno e sono stati soppressi tanti storici espressi della notte, dal Conca d’Oro al Roma-Nizza.

È interessan­te notare il diverso comportame­nto dei capitreno. C’è chi tenta di applicare il regolament­o e cerca di fare la contravven­zione, chi più pragmatica­mente fa scendere alla prima stazione i portoghesi chiarament­e insolvibil­i, chi telefona alla Polfer e al 113, specie quando si trova di fronte a gruppi minacciosi. Ma in questo caso il suo zelo rischia di attirargli oltre alle vendette degli interessat­i le rampogne dei superiori, come confidò a chi scrive una capotreno. L’intervento della Polizia provoca un ritardo al convoglio, che incide sulle statistich­e sulla puntualità: la tutela della legalità fa fare brutta figura a Trenitalia.

Molto spesso il capotreno non passa: è da solo, deve affiancare il macchinist­a, a quasi ogni fermata deve fare anche da capostazio­ne. Oppure, sempliceme­nte, è stanco, non solo fisicament­e. È stanco di fare multe che nessuno pagherà, stanco di sentirsi accusare di «discrimina­zione» se chiede il biglietto a un extracomun­itario o di sentire gli italiani lamentarsi perché devono pagare «anche per quegli altri». O magari d’inseguire sui vagoni a due piani lo studentell­o che ha speso i soldi per l’abbonament­o nella scheda per il cellulare. È stanco di un lavoro che paga lo scotto di tutte le profession­i che richiedono l’esercizio dell’autorità in un mondo nel quale l’autorità è guardata con sospetto.

È onesto aggiungere che anche le Ferrovie qualche responsabi­lità ce l’hanno. Hanno ridotto per mero calcolo economico il personale viaggiante, senza valutare i costi indotti dall’assenza di controlli. Se fino al 2000 una volta saliti «in carrozza» era normale vedersi punzonare il biglietto, è subentrata una fase in cui le verifiche erano divenute un optional, un po’ come quando sugli autobus quarant’anni fa scomparver­o i bigliettai. Finita l’era del «denaro contante, tessera alla mano», i portoghesi dilagarono. Poi sia l’Ataf sia le Ferrovie sono corse ai ripari, ma tardi.

In una terra in cui si elogiano gli onesti ma si invidiano i furbi, sono in troppi a percepire l’abuso come un diritto, da difendere magari con le vie di fatto, come purtroppo è accaduto a Prato.

Anni senza controlli e taglio del personale: anche Ferrovie ha qualche responsabi­lità

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