Il Sigillo della Pace al Dalai Lama «Fare distinzioni ci rende violenti»
Via al Festival delle Religioni, Nardella consegna la medaglia. Al Mandela anche Richard Gere
Le sottovesti colorate e la chuba lunga fino ai piedi. Le collane e i braccialetti. Sono arrivati cosi, coi loro vestiti tradizionali, i tanti tibetani d’Italia. Tutti al Mandelaforum per incontrarlo — in occasione dell’apertura del Festival delle Religioni, che continua venerdì e sabato con vari appuntamenti — soltanto per incrociare il suo sguardo e ascoltare le sue parole. Hanno affisso sugli spalti una bandiera del Tibet, il Paese conquistato dalla Cina da cui il Dalai Lama è stato esiliato. Oltre cinquemila nel palazzetto fiorentino, affollato di fedeli e non solo. I monaci con le tonache rosse, gli asiatici residenti in Toscana, i tanti buddisti italiani. E poi frati, suore e centinaia di giovani. E tanti ospiti d’onore, tra cui l’attore americano Richard Gere (che oggi e domani lo raggiungerà a Pisa), a sorpresa in prima fila. E alla fine tutti in piedi ad applaudire Tenzin Gyatso, il quattordicesimo Dalai Lama, pacato nei toni, affabile nei discorsi intervallati da grandi sorrisi, con una tazza di tè sul tavolino accanto a lui.
«L’armonia è dentro di noi — ha detto — Appena nasciamo, quando siamo piccoli, non facciamo distinzioni di religioni, di razza. Rispondiamo positivamente ai gesti di amore e di affetto. Poi, nel corso della vita poniamo troppa enfasi sulle differenze secondarie e non guardiamo abbastanza al fatto che siamo tutti esseri umani. Questa prospettiva provoca irritazione che poi sfocia nella violenza. Ovunque vado perciò promuovo questo concetto, siamo tutti uguali, siamo esseri umani».
Prima dell’incontro, il Dalai Lama ha ricevuto il Sigillo della Pace dal sindaco Dario Nardella: «Questa onorificenza è simbolo di pace e libertà e un simbolo della grande gratitudine che abbiamo per il Dalai Lama e la sua comunità». Tanti i temi trattati all’incontro con il priore della comunità di Bose Enzo Bianchi, l’imam di Firenze e presidente dell’Ucoii Izzeddin Elzir e il giurista Joseph Weiler, già Rettore all’Istituto Universitario Europeo. Tra questi il terrorismo. «Spesso vediamo affiancare il termine terrorista al termine religioso — ha detto il Dalai Lama — Si parla di terrorista musulmano, terrorista buddista. Io sono contrario a denominare con il termine terrorista chi è religioso, perché quando uccidi non sei più un religioso, sei solo un terrorista». E poi, sui musulmani: «Conosco moltissimi musulmani in India ed il principale precetto del musulmano è di amare tutto il creato di Allah, e nel momento in cui uccidi qualcun altro, smetti di essere musulmano». Un tema ripreso anche dall’imam Elzir, secondo cui «il terrorismo è una bestemmia alla religione». All’incontro col Dalai Lama anche il presidente della Regione Enrico Rossi: «In un mondo globalizzato e più connesso — ha detto — il dialogo tra le religioni è fondamentale, e lo è ritrovarsi su alcuni concetti di fondo, il rispetto della persona, della vita, dei diritti». Dal palco anche la richiesta trasversale di una moschea a Firenze. La prima a lanciarla è la curatrice del Festival, Francesca Campana Comparini: «Non dobbiamo avere paura di costruire una moschea», così come «non dobbiamo avere paura di tenere il crocifisso nelle scuole perché rappresenta la storia di questa terra, non dobbiamo guardare con scherno chi porta la kippah».
Campana Comparini Non si deve aver paura di costruire moschee, dei crocifissi a scuola o deridere chi ha la kippah