Corriere Fiorentino

La tirata di barba e uno sguardo «Mai visti, però ci conosciamo»

- J.Sto.

Uno sguardo intenso e una tiratina alla barba bianca (nella foto). Così il Dalai Lama ha salutato, in mezzo al palco, il priore Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose. «Non ci eravamo mai incontrati — ha detto Bianchi con una punta di commozione — ma ci conosciamo bene. Ho letto i suoi testi, lui ha letto i miei. Ho venerazion­e per lui, è un monaco di pace e alcuni suoi insegnamen­ti sono importanti anche per noi cristiani». Primo fra tutti, quello per cui «il nostro più grande nemico può diventare maestro». Per il Priore di Bose «è un concetto folgorante, che si addice al comandamen­to dell’amore per il nemico predicato da Gesù». Un insegnamen­to nei dilemmi del nostro tempo, terrorismo incluso: «Gli atti di violenza dei terroristi vanno condannati in modo netto e assoluto. Allo stesso tempo, è importante rispondere senza ulteriore violenza e, soprattutt­o, tentando di capire le radici di questo rancore e di questa violenza che prende le forme del terrorismo, altrimenti potremo forse vincere qualche battaglia, ma non troveremo mai la radice di quel male». Ecco perché, «di fronte al nemico, dobbiamo avere il coraggio di interrogar­e noi stessi, trarre occasione per capire quanto egoismo c’è dentro di noi, proprio noi che non accettiamo critiche». Quel «noi», nel pensiero di Bianchi, talvolta si trasforma nell’Occidente: «Noi siamo andati nei loro Paesi spesso con atteggiame­nto coloniale, in quel momento il rancore è diventato un germe che, coi nuovi soprusi e l’ideologia religiosa folle, può scatenare tutto il male che ci circonda». In questo processo, per Bianchi è cruciale il ruolo dell’Islam: «È necessario che tutti gli imam e tutti i musulmani manifestin­o con forza l’ostilità al terrorismo, come accaduto in Francia e non ancora in Italia».

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