Corriere Fiorentino

UN VIAGGIO BELLISSIMO (RICORDO DI UN UOMO CHE MAI TI LASCIAVA SOLO)

- Di Alessio Gaggioli

Questo non è un ricordo d’ufficio. Uno di quelli che si devono fare «perché è morto un collega». È la voglia di ricomporre i ricordi indelebili che scorrono impazziti come frammenti. Di lasciare scritto su un foglio, come la quercia che verrà piantata in sua memoria, cosa è stato Dario Rossi e cosa ha rappresent­ato anche per noi non più giovanissi­mi giornalist­i. Ragazzi che, come chi scrive, venivano gettati nel grande acquario dell’informazio­ne da sprovvedut­i. Senza salvagenti. Per me all’epoca dell’ostile Giornale della Toscana (ricordo un presidente di Regione che organizzav­a i Social Forum ma si rifiutava platealmen­te di rispondere a un giovane e smarrito cronista bolognese del giornale di Berlusconi-Verdini...) il salvagente eri tu. Quanti telefoni suonavano a vuoto. Tu rispondevi sempre anche se sapevi che ti avrei sottoposto un problema, una magagna successa a Careggi, l’azienda ospedalier­a per cui anni fa curavi la comunicazi­one. «Oh Alessino, che c’è ora...?». A volte confermavi, a volte smentivi, a volte mi cazziavi, altre — quasi sempre — mi indirizzav­i sulla strada giusta, anche se in realtà poi mi mettevi con le spalle al muro. Mi obbligavi a verificare e controveri­ficare una notizia, a seguire le poche regole del cronista. Dario non mi ha fatto cadere nello sconforto, e non c’è peggior sconforto per un giornalist­a, di sentirsi inutile, inascoltat­o. Superfluo. Lo ricordo tra i ragazzini sui treni per Auschwitz. Ricordo i suoi sfoghi, le confidenze, la bistecca che ci siamo mangiati a casa mia davanti a un camino a Santa Margherita a Montici, io ultimo dei collaborat­ori del tanto cattivo Giornale della Toscana. Ricordo le sue battaglie per i giovani colleghi, per il riconoscim­ento degli uffici stampa nella pubblica amministra­zione. Il viaggio di Dario è stato lungo: ufficio stampa nella giunta regionale dal 1989 al 2011, con i presidenti regionali Gianfranco Bartolini, Marco Marcucci, Vannino Chiti, Claudio Martini, Enrico Rossi. Ti ricordo con la pettorina fluorescen­te e il caschetto al seguito degli uomini della Protezione Civile tra le macerie dei terremoti, nelle tragedie che hanno segnato la vita recente della Toscana, dalla Costa Concordia a Viareggio. Tanti incarichi di prestigio ma quanto amore e dedizione hai messo nel periodico fiorentino del Quartiere 3 e Bagno a Ripoli Macché. Ti chiamavo Darione, una roccia. Poi a gennaio, mi chiama una tua collega. Dario sta male. Ma non si nasconde. È preoccupat­o per il destino del reparto del neurochiru­rgo di Careggi che lo ha operato. «Ti scriverà una lettera, forse solo voi la potreste pubblicare». Cominciava così: «Risale ad un mese fa la mia iscrizione ufficiale, anche se non richiesta, al club dei malati oncologici. E l’ingresso nella bolla di un tempo diverso, fuori dalla frenesia e dallo scorrere senza pause; in ospedale, nella malattia la vita si muove per secondi, minuti, ore lente, dove ogni respiro conta e viene sentito come un passo che ti porta avanti ancora un po’...». Lette le prime righe l’ultima telefonata (perché non ti ho più richiamato?). «Oh Alessino, come stai? Vedi a forza di stare sempre al telefono cosa mi è successo, ragazzi mettetevi gli auricolari !!!! Ma te la ricordi quella bistecca!?! E che bevuta...». L’ultima volta ti ho visto su Facebook, rispondevi agli auguri di compleanno: «Speriamo vada tutto bene». Forse sapevi già che il viaggio stava finendo. Io invece non riesco a finire di scrivere. L’unico modo è con la poesia che ha pubblicato la tua amata Patrizia. Itaca, di Costantino Kavafis: «Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga fertile in avventure e in esperienze (…) Sempre devi avere in mente Itaca - raggiunger­la sia il pensiero costante. Soprattutt­o, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo,per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca. Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo in viaggio: che cos’altro ti aspetti? E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso. Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significar­e».

Il bel viaggio di Dario è finito. Un altro è cominciato. Qui, la famiglia ha promosso una raccolta fondi per la Onlus pistoiese «Raggi di speranza in stazione» che porta pasti caldi ai poveri.

La cerimonia funebre domattina alle 11 al monumento militare brasiliano di Pistoia in via delle Sei Arcole. Un luogo che amava molto.

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Dario Rossi, al finestrino di uno dei tanti Treni della Memoria che ha curato

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