Corriere Fiorentino

Santa Felicita e il mistero del contratto

Niccolò Capponi: nessun documento scritto sui lavori dell’artista

- M.B.

«La tavola? Non è più nostra dal 1804, quando ci furono le soppressio­ni napoleonic­he...». Sorride il conte Niccolò Capponi, diciassett­esimo esponente del ramo di Agostino di Guido cui appartenne Lodovico, il conte Capponi che comprò la cappella brunellesc­hiana in Santa Felicita per la quale il Pontormo ha realizzato la Deposizion­e, uno dei fulcri della mostra di Palazzo Strozzi.

Sorride davanti all’opera posta accanto alla Deposizion­e di Rosso Fiorentino e al Cristo deposto del Bronzino. E racconta, con la passione dello storico e il patrimonio della memoria di famiglia. «Lodovico Capponi, figlio di Gino, implicato in una congiura filo medicea, nacque nel 1482 e andò da giovane a Roma forse per allontanar­si dalla città, dove fu impiegato nel banco Martelli, sposando poi Marietta Martelli. Alla morte della moglie tornò a Firenze, dove comprò una casa in via de’ Bardi, andata poi distrutta dalle mine dei tedeschi nel 1944, e quindi nel 1525 acquistò dai Paganelli la capella in Santa Felicita realizzata dal Brunellesc­hi per i Barbadori. Dai documenti che abbiamo — prosegue Niccolò Capponi — emerge che pensava già alla sua sepoltura e cambiò la dedicazion­e della capella dalla Annunciazi­one alla Pietà. Poi cominciano i problemi...». La celebre cappella e l’ancora più celebre grande tavola del Pontormo nascondono infatti più di un mistero. «Noi conserviam­o tutte le carte di Lodovico, i contratti, le transazion­i, le memorie, anche del periodo 1525-1527 quando fu realizzata la decorazion­e della cappella: l’opera del Pontormo, i suoi affreschi, gli arazzi fiamminghi ed altri arredi, la vetrata di Guillaume de Marcillat. La cappella, tutto compreso, gli costò 1.300 scudi, ma non c’è una sola riga sul Pontormo, né contratti, né indicazion­i: nulla. Perché questa stranezza? Io ho fatto un’ipotesi — spiega — Lodovico amava restare defilato, il Pontormo era un artista non famoso e controvers­o perché la sua maniera era ritenuta troppo tedesca, come scrisse il Vasari che detestava Pontormo, Rosso Fiorentino e Andrea Del Sarto. Un pittore ritenuto vicino alla riforma della Chiesa. E così Lodovico per non esporsi pagò l’opera attraverso le monache di Santa Felicita, cui non a caso comprò per un prezzo altissimo una casa mezza diroccata in vicolo del Canneto». Lodovico poi fu sepolto nella cappella, come per secoli i suoi eredi e terminata la mostra la Deposizion­e tornerà a «casa». «È nata lì e lì deve restare — conclude Niccolò Capponi — Non deve andare in giro, almeno non fuori Firenze. La Deposizion­e si capisce nel suo contesto, in dialogo con la vetrata che fu realizzata prima della tela; con gli affreschi, anche se quello di Dio padre sulla cupola è andato perduto; con l’altare che era in posizione diversa dall’attuale. Ecco sarebbe stato bello se a Palazzo Strozzi fosse stata ricostruit­a la cappella con il suo aspetto originario».

 Pontormo non era famoso e era vicino alla riforma della Chiesa

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Dettaglio Particolar­e della «Deposizion­e» del Pontormo in mostra a Palazzo Strozzi
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