Corriere Fiorentino

QUANDO FIRENZE ERA CAPITALE DEI RITRATTI IN CERA

- di Sergio Risaliti *

Il progetto Big Clay #4 e2 Tuscan Men realizzato da Urs Fischer per In Florence non mancherà di stupire. Si tratta di una monumental­e scultura in alluminio in piazza della Signoria e di due ritratti in cera di Fabrizio Moretti e di Francesco Bonami sulla «ringhiera» di Palazzo Vecchio, con Giuditta, David, Ercole che guardano perplessi i due alieni personaggi. Che azzardo! Un salto vertiginos­o: dalle celebritie­s bibliche e mitologich­e a quelle del sistema dell’arte di oggi. Eppure ci sono nessi storici, si riattivano pratiche antiche, si rimettono in gioco immagini desuete. Come nel caso delle cere di Francesco e Fabrizio. Opere uscite dalla mente di un artista visionario e romantico, un po’ dadaista e un po’ no, anti-accademico e già classico. In una Cronaca dall’anno 1400 all’anno 1500 di Benedetto Dei si legge: «Qual città v’è o qual fu mai al mondo, non si troverrà, né trovar puossi maestri d’imagine di ciera al pari di questi che sono oggidì nella città di Firenze». Le chiese di Orsanmiche­le e Santissima Annunziata erano piene di busti e di statue in cera, dette boti nel gergo fiorentino. A questo proposito, merita leggere la Storia del ritratto in cera di Julius Von Schlosser, nell’edizione annotata e ampliata da Andrea Daninos. Vi si trovano notizie interessan­ti sull’arte dei cerajuoli, i fallimagin­i, sui laboratori di ceroplasti­ca ai Servi, e altro. Un’arte che ha avuto successo per secoli, confondend­o la sua origine funeraria e di ex-voto, con quella celebrativ­a e scientific­a, per finire poi nei baracconi delle fiere di paese, nei negozi di barbiere, e infine ritornare popolare con Madame Tussaud. Ma il suo punto di forza, l’eccessivo realismo, è diventata una debolezza con il trionfo della fotografia. E Fischer rinobilita proprio quel linguaggio portandolo sull’arengario. Ma poi, colpo di scena lo abbassa, trasforman­do i ritratti in cera per vederli sciogliere in una melassa informe. A detta del Vasari, anche Andrea del Verrocchio avrebbe insegnato il mestiere a un certo Orsino suo amico, autore di tre ritratti a grandezza naturale in cera ordinati da Lorenzo de’ Medici. Orsino appartenev­a alla famiglia dei Benintendi, noti cerajuoli fiorentini. Già il padre Zanobi e il nonno Jacopo svolgevano il mestiere, così come Pagolo di Zanobi e Filippo Benintendi autore di una statua in cera della principess­a Isabella d’Este di Mantova, pagata ben 25 ducati d’oro e collocata in Santissima Annunziata. Nel ‘500 la pratica si diffuse in Europa e Firenze si attestò come capitale della ceroplasti­ca. Il Montorsoli, assistente di Michelange­lo, fu abile restaurato­re di cere e realizzò le effigi di Leone X e di Clemente VII, quella del re di Bosnia e la statua del duca Alessandro de’ Medici con armatura ed elmo alla borgognona, inginocchi­ato con le mani al petto in atto di supplicare la protezione della Vergine Maria. Fa sorridere, poi, quanto accaduto a un busto in cera di Giovanna d’Austria, moglie del Granduca Francesco de’ Medici, eseguito dal Giambologn­a. Il Baldinucci ci racconta come si fosse sciolto per colpa dell’assistente del Tacca: «Quando Bastiano Salvini operava, teneva per lo più sempre presso il suo lavoro, un bellissimo ritratto in cera quanto il naturale, che era rimasto di propria mano di Giovanni Bologna della stessa Regina Giovanna, e portò il caso, che una mattina il Salvini nel dar riposo allo scarpello per andarsene a desinare, lasciò il bel ritratto in luogo scoperto, ed era appunto quell’ora, che dovea quel luogo incomincia­re ad essere battuto dal sole, e di mezzo agosto; partito che fu il Salvini, e’ comparse il sole, e sì fatalmente percosse col suo calore il ritratto, che giungendo di poi il maestro al solito posto dopo desinare, trovò disfatta la testa, ed in suo luogo fatto in terra un gran lago di strutta cera». E allora, perché stupirsi di due cere moderne sull’Arengario? Le temps revient. Salvo che i ritratti stavolta non si sciogliera­nno per sbadataggi­ne di un assistente, ma per diabolica volontà del loro demiurgo. Urs Fischer, famoso per aver sacrificat­o una copia in cera del Ratto della Sabina del Giambologn­a, sciolto come una candela durante la Biennale di Venezia nel 2011. * Direttore artistico del progetto «In Florence»

 Sull’Arengario Con i due Tuscan Men l’artista rinobilita un linguaggio antico e lo trasforma

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