Corriere Fiorentino

Passato e presente così fanno a pugni, e non è provocazio­ne

- G.G.

«È difficile prenderla per una provocazio­ne culturale rivolta alla città. Se così fosse, avrebbero dovuto farla altrove perché in piazza della Signoria ormai non c’è più traccia di un fiorentino». La storica dell’arte Anna Maria Petrioli Tofani, già direttrice della Galleria degli Uffizi, non condivide l’operazione «arte contempora­nea» che Palazzo Vecchio e il Muse hanno voluto riproporre nella più importante piazza di Firenze. «Non ho ancora visto l’opera di Urs Fischer — spiega — Ma il mio non è un giudizio estetico: sono il luogo e il principio di fondo ad essere sbagliati».

Dottoressa Tofani, cosa c’è di sbagliato nell’idea di esporre l’arte contempora­nea in piazza della Signoria?

«Credo che l’utilizzo di questo spazio cittadino sia improprio. Si offusca la perfetta visibilità dei monumenti, di un luogo carismatic­o. Non sono contraria all’arte contempora­nea, ma credo che andrebbe destinata a luoghi dove passato e presente non facciano a pugni». Ad esempio dove? «Dalle periferie a tante piazze disadorne che non sono affatto lontane dal centro. Firenze del resto è piccola».

Non è come ripetere le polemiche del Cinquecent­o, quando i fiorentini contestaro­no il David di Michelange­lo nella trecentesc­a piazza della Signoria?

«È completame­nte diverso, il David portava con sé il significat­o stesso della libertà della Repubblica fiorentina. Aveva un significat­o politico, aveva un motivo per essere lì: era il simbolo della nuova Firenze. Lo ripeto, non ho visto l’opera di Fischer, ma ho visto lavori precedenti collocati in piazza della Signoria, come quelli di Jan Fabre, di Jeff Koons. Che cos’hanno a che vedere con l’oggi, qual è il loro senso sociale e politico?».

Quindi il giudizio negativo è anche sulla mancata provocazio­ne culturale?

«Per provocare i fiorentini, bisognereb­be che in piazza Signoria ce ne fosse qualcuno. Invece in centro non ci vivono più. Ma un’opera, contempora­nea o no, suscita un dibattito positivo solo se suscita un sentimento. Nel caso dell’arte contempora­nea davanti a Palazzo Vecchio e alla Loggia dei Lanzi, finora, a parte la reazione dei soliti indignati, che considero esagerata, non vedo altro tipo di reazioni. Il che tradisce l’operazione calata dall’alto e estranea al vero tessuto cittadino».

Quindi è una vetrina e non una fabbrica di cultura?

«Ma quale fabbrica! La cultura non si fabbrica dall’alto, è un qualcosa che nasce dall’essenza della società. Chi sta in alto dovrebbe invece aiutare gli artisti fiorentini ad emergere, a farsi conoscere, a potersi esprimere».

Ma ce ne sono? O l’arte fiorentina appartiene solo al passato?

«A Firenze gli artisti di tutto rispetto non mancano, anche se molti sono emigrati. Manca il coraggio di puntare su di loro, di distinguer­e tra i bravi e i meno bravi. Pensiamo ai macchiaiol­i, all’epoca erano considerat­i dei poveretti rispetto agli impression­isti. I francesi sapevano proporsi, noi molto meno. Eppure Fattori, ad esempio, era un artista di straordina­rio valore».

 È una operazione calata dall’alto, estranea al vero tessuto cittadino

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