Corriere Fiorentino

Difendo via Almirante (da tutte le faziosità)

- di Paolo Armaroli

Aocchio e croce, il consiglier­e comunale di Grosseto Mario Lolini, oggi leghista ma un tempo aennino, deve essere un accanito lettore di Alexandre Dumas padre. Infatti, vent’anni dopo, ripresenta una mozione per dedicare una strada a Giorgio Almirante. Il sindaco di centrodest­ra Vivarelli Colonna si è dichiarato favorevole.

Il motivo? Giorgio Almirante è stato un personaggi­o politico che sovente è stato apprezzato trasversal­mente per la sua attività parlamenta­re fuori dal comune. E comunque Vivarelli Colonna ha aggiunto che il Consiglio comunale deve ancora pronunciar­si al riguardo.

In Natale in casa Cupiello, commedia magistralm­ente interpreta­ta da Eduardo de Filippo, al figliolo il presepe non piace. Per tigna, per partito preso. Allo stesso modo si comporta il Pd di Grosseto e dintorni. Questa mozione non gli piace né poco né punto. E gli fa l’eco l’Anpi, un’associazio­ne che è ancora viva e vegeta grazie all’immissione di giovani che la Resistenza l’hanno vista solo al cinema o alla television­e.

Leo Longanesi, facendo il verso a Benito Mussolini, diceva che chi si firma è perduto. Abbiamo così l’ennesima riprova che il tallone d’Achille di certa sinistra, la più ottusa, quale che sia il nome che di volta in volta assume, è la faziosità. E la faziosità spesso è frutto di crassa ignoranza. Forse costoro non sanno che Almirante ed Enrico Berlinguer ebbero diversi contatti ai tempi del terrorismo al fine d’isolare le schegge impazzite. Un incontro si verificò nella casa romana di Antonino Tatò, che è stato per anni l’ombra di Berlinguer.

Costoro non sanno che nel giugno del 1984 Almirante si mise in fila davanti a Botteghe Oscure come un qualsiasi cittadino che voleva rendere omaggio al leader del Pci morto durante un comizio a Padova. Nessuno tra i comunisti duri e puri che gli stavano accanto ebbe nulla da ridire. Ma la voce si sparse ben presto. E Nilde Iotti e Pietro Ingrao si premuraron­o di scendere dal palazzo, di prelevare il segretario del Msi in mezzo alla folla e di accompagna­rlo con ogni riguardo nella stanza dove giaceva la salma di Berlinguer.

Costoro non sanno che ai funerali di Almirante alti papaveri del Pci — come ancora la Iotti, Ingrao e altri — porsero ai familiari le più sentite condoglian­ze con parole che ognuno può immaginare.

Costoro non sanno, o fingono di non sapere, accecati dalla faziosità come sono, che in più occasioni l’ex presidente della Camera dei deputati Luciano Violante ha dichiarato — le parole sono mie ma il concetto è suo — che se Almirante non fosse mai esistito sarebbe stato giocoforza inventarlo. Lo storico segretario del Msi, a suo giudizio, ha reso un grande servigio alla democrazia nelle sue diuturne battaglie dentro e fuori il Parlamento avendo cura di allontanar­e sempre le teste calde. E il presidente Giorgio Napolitano nel 2014, in occasione del centenario della nascita di Almirante, ha inviato ai familiari, in primis alla vulcanica moglie Assunta, un messaggio che ricalcava pressappoc­o la tesi di Violante. Quanto al bando militare evocato del tutto a sproposito dal Pd e compagnia cantante, solo degli sprovvedut­i possono pensare che un burocrate — come per l’appunto ai tempi della Repubblica sociale era Almirante, capo di gabinetto del ministro della Cultura popolare Fernando Mezzasoma — potesse firmare un bando militare. E comunque, se ben ricordo, Almirante fu assolto da ogni addebito. Si trattava invece del bando del ministro della Guerra Rodolfo Graziani, che contemplav­a la pena di morte per i disertori. Non mi risulta che in tempo di guerra ci siano Stati che conferisco­no medaglie agli imboscati.

Avrete capito che detesto la faziosità. Per parte mia sono ben lieto di aver dialogato con personalit­à del calibro d’Ingrao, della Iotti, di Gerardo Chiaromont­e, di Luciano Violante, di Fabio Mussi e di altri ancora. E ho un eccellente ricordo di Giancarlo Pajetta. Ho trascorso un’intera giornata con lui, personaggi­o favoloso. Siamo andati in auto assieme da Roma a Terni e ritorno. E a Terni ho presentato in un teatro pieno come un uovo di comunisti il suo Ragazzo rosso, un bel libro. Il suo autista m’invitò a iscrivermi al partito. Ma Pajetta obiettò che forse non era il caso. Aveva capito tutto.

Paralleli Il Pd si comporta come quel personaggi­o di «Natale in casa Cupiello» a cui il presepe non piace: ma per tigna, per partito preso

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