Corriere Fiorentino

La caccia alle origini segrete Con l’aiuto degli psicologi

IL PROGETTO, IN ATTESA DELLA LEGGE

- Marzio Fatucchi

Il più anziano è un uomo del 1923, ha mandato i suoi figli. Il più giovane, un diciottenn­e, arrivato da solo. Entrambi, volevano conoscere la verità. Chi era davvero la loro madre, il loro padre. Entrambi, anche il giovane, sicuri degli affetti dei loro genitori «attuali», di chi li ama ora o chi li ha amati e fatti crescere. Ad entrambi, però, non bastava. Sono tra i 150 ed i 200 ogni anno. Sono figli abbandonat­i alla nascita dalla madri (o le cui mamme li hanno dati in affidament­o anche dopo il riconoscim­ento senza indicazion­e del padre, per esempio) che si rivolgono all’Istituto degli Innocenti per completare la loro storia, con un capitolo che — per legge — deve restare segreto. O almeno, Due delle medaglie lasciate alla ruota insieme ai bambini e conservate agli Innocenti In alto, l’archivio doveva restare tale per almeno 100 anni (in caso di abbandono). Ma dopo una sentenza della Corte Costituzio­nale e due delle Cassazione, questo «filtro» è caduto: dopo i 25 anni, si può chiedere al Tribunale dei minori di conoscere i proprio genitori biologici. Così, complice la maggiore visibilità dell’Istituto, in tanti hanno bussato alla porta in Santissima Annunziata. Ora, in attesa di una legge che codifichi con precisione il percorso (ci sono sei progetti già depositati), gli Innocenti stanno lanciando un pool per aiutare e consigliar­e chi cerca le proprie origini. Con psicologi che seguono i figli, ma anche madri e padri, per capire davvero se vogliono rendersi visibili dopo decenni. «Con questo pool anticipere­mo, con le misure ora possibili, i provvedime­nti di legge. Del pool faranno parte, oltre alle competenze già presenti, profession­alità adeguate — spiega il direttore dell’Istituto Giovanni Palumbo — Spesso, chi viene da noi non conosce la legge, non sa se deve rivolgersi qui o al Tribunale dei minori, Manca una chiara indicazion­e di chi deve dare supporto ai figli, ai genitori adottivi e a quelli biologici». Perché può essere uno choc. Il progetto nasce da un finanziame­nto della Regione, 100 mila euro. E che ce ne fosse bisogno lo raccontano le storie che arrivano in Santissima Annunziata.

C’è il ragazzo diciottenn­e che, pur vivendo bene con la famiglia adottiva, vuole scoprire chi erano davvero i propri genitori. In questo caso, in base alle sentenze citate, dovrà comunque aspettare i 25 anni e rivolgersi al tribunale, ma potrà accedere comunque ai documenti della sua infanzia che la famiglia non ha, dalla scheda sanitaria alle relazioni degli operatori. Per molti casi — i più frequenti — si parla invece di anziani che vogliono svelare un pezzo di vita mai conosciuto. Come l’anziano del ‘’23, appunto. O la donna ormai sul viale del tramonto, nata negli anni ‘30, che — affidata ad una famiglia da giovane, come molti in quel periodo — vuole scoprire chi è il padre, oltre la madre che all’epoca l’aveva riconosciu­ta ma poi aveva scelto di lasciarla alle cure dell’Innocenti. E così ci sono gli archivisti dell’Istituto che si prodigano per trovare il trovabile, e consegnare il consegnabi­le. E, dato che in questo caso tutto era ormai storia — i genitori erano entrambi deceduti — l’anziana ha scoperto che il padre era un ventenne, con un mestiere onesto. E magari ha messo insieme quei pochi pezzi della sua storia per ricostruir­e il suo passato. Era serena, alla scoperta. Evidenteme­nte i pezzi combaciava­no. Chissà, ha capito che era solo una follia d’amore, non altro.

Non sempre però è così semplice. E comunque, se non c’è il consenso della madre — nel caso di «parto anonimo», come prevede la legge — non si potrà conoscere il proprio passato. «Ma internet, i social network e l’aumento dell’età media delle adozioni internazio­nali hanno reso più facile il recupero delle informazio­ni e la possibilit­à di rintraccia­re i familiari biologici — spiega Palumbo — per questo partirà, grazie alla scelta dell’assessore Stefania Saccardi, questo servizio specializz­ato che offrirà un’interlocuz­ione esperta a quanti si approccian­o a percorsi di ricostruzi­one di informazio­ni sulle proprie origini».

Dopo tre sentenze Ora chi ha compiuto 25 anni può chiedere al tribunale di sapere chi sono i veri genitori

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