«Lo ius soli? La cittadinanza va conquistata»
Il presidente dei vescovi per i 20 anni della Facoltà Teologica
Venti anni della Facoltà di Teologia dell’Italia Centrale con tre cardinali «fiorentini», un’aula magna stracolma, il passaggio di consegne tra il rettore che lascia dopo otto anni, don Stefano tarocchi, e quello che si insedia oggi, don Basilio Petrà. Un evento che ha unito storia, attualità e futuro, soprattutto nella parole del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, accolto dal cardinale e arcivescovo Giuseppe Betori e dal suo predecessore Ennio Antonelli. E Bassetti, prima dell’intervento nell’aula magna della nuova sede dell’ateneo in piazza Tasso, ha spiegato cosa non va nello ius soli, nella manovra finanziaria del governo e sul lavoro.
Per arrivare ad ottenere il diritto di cittadinanza, «ci vuole un’opera di accoglienza, integrazione, accompagnamento. Non basta la nascita: secondo me così si fa torto anche a chi nasce, mentre la cittadinanza è qualcosa che ci si conquista con un inserimento progressivo nel tipo di civiltà, di nazione in cui siamo», ha detto Bassetti ai cronisti che gli chiedevano della legge sullo ius soli. «Ius soli e ius culturae non mi piacciano; a me piace di più la parola cittadinanza — ha detto — E la cittadinanza non è qualcosa di meccanico, è frutto di un inserimento, di un ethos nel quale per avere il diritto di cittadinanza, si deve aver assorbito i valori della nazione». Tornando sul tema del lavoro, il cardinale di Perugia ha sottolineato: «È evidente che il precariato è diventato un fenomeno esponenziale e che qualcosa non va: la politica deve mettere tutto l’impegno su questo. Conosco tanti giovani che dopo aver cercato lavoro tre o quattro volte si scoraggiano, si sentono umiliati». E sugli ultimi ha aggiunto: «Lo stato sociale che ha risolto tanti problemi, si sta perdendo, sta andando un pochino a pezzi. Però bisogna salvare in tutti i modi quelli che sono i servizi essenziali per la gente di tutti i tipi, dalla scuola alla sanità alle famiglie; perché le fasce di povertà aumentano enormemente. Lo Stato in questo momento non deve in alcun modo stringere la forbice, ma allargarla».
Bassetti poi nella sua relazione ha sottolineato l’importanza e la fiorentinità del taglio antropologico scelto dalla Facoltà e la necessità di una «rivoluzione del Vangelo». E Betori sull’attualità della teologia nel terzo millennio ha aggiunto: «Il pensare teologico, guardare alla trascendenza è un dimensione essenziale dell’uomo, che non è solo materialità. E ci aiuta a conservare le nostre radici. In un tempo di incontro così problematico tra culture e religione c’è bisogno di buone radici. L’identità è il presupposto per il dialogo, non la confusione». Mentre don Stefano Tarocchi ha ricordato il percorso che dopo la chiusura della Pontificia Università Teologica Fiorentina nel 1932 è ricominciato nel 1976 per culminare con il riconoscimento della Facoltà l’8 settembre del 1997.